Così in Italia sdoganano il razzismo

"No Salvini day" a MilanoUna bandiera della Lega bruciata durante la manifestazione "No Salvini Day" organizzata a Milano (foto Ansa)

“Forza Vesuvio”. Uno slogan che, per chi frequenta gli stadi italiani, è diventato una consuetudine. Lo si ascolta in tutta Italia, qualche volta addirittura nel nostro Meridione. Frase odiosa, divenuta sinonimo di inciviltà oltre che di becero razzismo. Due parole che manifestano soprattutto incultura, ignoranza.

Eppure nell’anno 2018, Terzo millennio dell’era moderna del nostro Pianeta, in Italia incitare a gran voce il vulcano di Napoli affinché erutti è cosa assolutamente lecita. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano i cui giudici hanno completamente assolto Donatella Galli, ex consigliera provinciale di Monza in quota Lega Nord, perché «il fatto non sussiste». I fatti sono questi: la leghista era stata condannata in primo grado dal tribunale di Monza a venti giorni di reclusione per aver pubblicato su Facebook nel 2012 un post con su scritto ”Forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili”, augurandosi letteralmente «una catastrofe naturale nel centro-sud Italia».

La compagna di partito di Matteo Salvini era stata condannata anche a risarcire la parte civile che aveva chiesto «un euro simbolico». Galli era accusata di aver propagandato «idee fondate sulla superiorità razziale ed etnica degli italiani settentrionali rispetto ai meridionali» e di «discriminazione razziale ed etnica».

Particolarmente sofisticato anche il metodo con cui la leghista monzese circostanziò il suo moto razzista utilizzando i social network. Stando all’imputazione, la donna nell’ottobre del 2012 inserì su Facebook la «foto satellitare dell’Italia priva delle regioni dal Lazio e dagli Abruzzi in giù e la frase «il satellite vede bene, difendiamo i confini …». E poi scrisse «Forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili», augurandosi, come evidenziato dalla Procura di Monza, «una catastrofe naturale nel centro-sud Italia provocata dai tre più grandi vulcani attivi là esistenti».

Il giudice di Monza Elena Sechi aveva condannato l’ex consigliera della Lega di Salvini a 20 giorni (pena sospesa). Insomma, quella che la donna definiva una «battuta» era, invece, un’espressione di «chiaro ed inequivoco contenuto razzista, nel senso di pregiudizialmente ostile nei confronti di alcune popolazioni», «carica di violenza» e idonea a «propagandare l’avversione contro i meridionali».

Tutto chiaro. Il ribaltone però è arrivato dalla Corte d’Appello di Milano che ha dichiarato le circostanze, quindi l’inneggiare ai vulcani affinché compiano la “pulizia etnica” invocata dalla esponente della Lega di Salvini, non sussistenti. Cioè, dizionario alla mano, che non ha corrispondenza nella realtà oggettiva. Se non ci fosse da piangere, questa storia sarebbe tutta da ridere davvero.

«Noi siamo increduli e aspettiamo di leggere le motivazioni tra 60 giorni», ha commentato l’avvocato Sergio Pisani, parte civile e che in qualità di presidente della Ottava Municipalità di Napoli aveva presentato la denuncia, dando origine all’inchiesta terminata con la condanna in primo grado a Monza. «Aspettiamo le motivazioni e faremo ricorso – ha spiegato ancora il legale di parte civile -. Questa sentenza può dare il via libera a tutti quegli insulti che si sentono nelle curve degli stadi e contro cui noi abbiamo presentato già delle denunce».

Carte bollate a parte, resta intatto lo sdegno per questa palese certificazione di impunibilità del razzismo nel nostro Paese. Un incentivo a chi, davanti a una tastiera quanto nella indistinta folla di uno stadio, urla scempiaggini compiacendosi dei suoi pregiudizi. E’ così che l’Italia si divide sempre di più. Dimenticando la storia.

Editoriale “Il Salernitano visto da fuori” andato in onda su Radio Alfa domenica 18 novembre 2018

Il link al podcast di Radio Alfa

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedinmail
Condividi questo articolo
Facebookrss
Segui

Be the first to comment on "Così in Italia sdoganano il razzismo"

Leave a comment