Gli italiani in fuga dal Venezuela, quando i profughi siamo noi

Crisi politica in VenezuelaLe proteste a Caracas contro il presidente venezuelano Maduro (foto Ansa)

Non c’è posto al mondo dove non ci siano degli italiani. Ma se c’è un posto al mondo dove gli italiani hanno fatto la storia quello è il Venezuela. Scoperta a sua insaputa da Cristoforo Colombo nel suo terzo viaggio nelle Americhe, la Tierra de Gracia (come fu battezzata inizialmente) deve il suo nome al navigatore italiano Amerigo Vespucci che, osservando le costruzioni degli indigeni erette su palafitte di legno fuori delle acque, fu ispirato dal nome Venezziola o Venezuola, un termine che in italiano rinascimentale aveva il significato di piccola Venezia, e che si trasformò successivamente in spagnolo in Venezuela. Pensate che, ancora oggi, molti anziani veneziani (e veneti) sono soliti chiamarla con il nome rinascimentale.

Si calcola che, fra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, siano immigrati in Venezuela oltre 250.000 italiani. Attualmente, tra originari italiani e discendenti diretti, la colonia italica in Venezuela conta circa un milione di persone a cui vanno aggiunti migliaia di italo-venezuelani dalle ascendenze più lontane. La capitale Caracas per buona parte è stata tirata su da ingegneri, carpentieri e costruttori venuti dall’Italia, come testimoniano le imponenti torri gemelle del Parque Central, fra i più alti grattacieli del Sudamerica, firmate da Carlos Delfino e dalla Delpre costruzioni.

In tempi di migranti, il Venezuela degli italiani è un caso di scuola che dovrebbe far capire molte cose anche a chi adesso alza muri e barricate o chiude porte a chi viene da lontano. E anche per questo fa ancora più strano che sia proprio l’Italia a tacere sulla drammatica situazione politica venezuelana. Due presidenti, due blocchi, una piazza contro il palazzo: sono le coordinate della sfida lanciata da Juan Guaidò a Nicolas Maduro e che riporta le lancette dell’orologio ai tempi della Guerra Fredda. Dalle nostre parti l’unico a prendere parola è il leghista Salvini che per una volta è addirittura d’accordo con Francia, Germania e Spagna: «Hanno fatto bene perché Maduro sta piegando con la violenza e con la fame un popolo». E da vicepremier e ministro lancia un appello all’altra metà dell’alleanza: «Spero che anche il governo italiano abbandoni ogni prudenza e sostenga il popolo venezuelano, il diritto a libere elezioni, alla democrazia». Imbarazzato e imbarazzante invece il silenzio a 5 Stelle.

Sebbene le piazze in Venezuela siano tornate sostanzialmente calme, è pesante il bilancio delle vittime negli scontri: sono 26 i morti. Oltre 350 le persone arrestate. La drammatica situazione di molti italiani venezuelani, che cercano rifugio e sicurezza raggiungendo in tutti i modi l’Argentina, sarà al centro di un vertice nei prossimi giorni a Roma presso la Direzione per gli italiani all’Estero. Il console generale d’Italia a Rosario, Martin Brook, fa sapere intanto che molti cittadini italiani stanno fuggendo dal Venezuela con mezzi di fortuna e persino a piedi, compiendo migliaia di chilometri tra enormi disagi e pericoli, e giungono in prossimità del confine argentino stremati, bisognosi dei più elementari generi di prima necessità, privi di denaro speso per sopravvivere nel lungo esodo. Alcune famiglie sono state accolte e aiutate dal consolato ma la realtà resta preoccupante.

Dalla diplomazia argentina arriva la disponibilità a mantenere attivo un canale informativo sulla drammatica situazione. Dal Friuli Venezia Giulia, territorio che come il Salernitano conta migliaia di emigrati in Venezuela, premono però per mettere in campo iniziative di aiuto dirette, non solo per quanto riguarda generi di prima necessità e medicinali, ma anche immaginando sia dei percorsi per eventuali rimpatri con il riconoscimento, data l’instabilità politica del Venezuela, dello status di rifugiato politico, sia le condizioni di sostegno per reimpostare la propria vita in Argentina, da armonizzare con il sistema di sussidi che il governo sta costruendo.

Richieste lecite in tempi di crisi come quella del Venezuela. Richieste uguali a quelle che fanno i profughi che attraversano il Mediterraneo e non vengono più fatti sbarcare in Italia dal governo Salvini. Cosa avranno di diverso queste istanze? Vengono da persone in difficoltà e che fuggono per paura. Eppure, davanti a domande uguali, possono esserci risposte differenti. L’Argentina accoglierà i nostri connazionali che scappano dal Venezuela. L’Italia continuerà a chiudere i porti in faccia a chi fugge dalla fame e dalle guerre del Sud del mondo.

Questione di punti di vista, si dirà. No, semplicemente di civiltà.

Editoriale “Il Salernitano visto da fuori” andato in onda su Radio Alfa il 27 gennaio 2019

Il link al podcast di Radio Alfa

Fonti: Adn Kronos, Reuters, Ministero degli Esteri

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