INVIATO A GENOVA Genova per lui. Roberto Mancini è praticamente a casa, qui per quindici anni ha vissuto, vinto e lasciato il segno. Ieri ha camminato sulle macerie del ponte Morandi, entrando nell’epicentro del dolore di una intera città. Quei monconi senza più vita, il baratro affacciato sul Polcévera tra spuntoni e rottami: una moderna apocalisse che ha tolto la vita a 43 persone che su quel ponte, uno dei simboli di Genova, si sono trovati alla vigilia di Ferragosto nel momento più critico, quello del crollo avvenuto ormai due mesi fa. «È davvero pazzesco quello che è successo – si commuove il commissario tecnico nel raccontare –. Ho vissuto a Genova 15 anni, sarò passato tante di quelle volte su questo ponte. Vederlo in televisione fa impressione, ma dal vero fa un effetto diverso, è ancora più impressionante». Sulla strada sprofondata gli azzurri hanno deposto una corona di fiori, in testa al gruppo Perin (ex Genoa) e Caprari della Samp, accanto capitan Chiellini e Leo Bonucci. Prima della nostra nazionale, anche l’Ucraina di Andriy Shevchenko (con il fido Mauro Tassotti) ha reso omaggio alle vittime del Morandi. Negli occhi dell’ex bomber ora ct il disastro di Chernobyl e le lacrime di chi ha l’Italia nel cuore.
Gente di calcio che in silenzio per qualche istante ha ricordato le vittime. Una giornata speciale anche per gli orfani delle vittime del Morandi. «Abbiamo incontrato i bambini che hanno perso anche entrambi i genitori. Erano contenti di vederci e gli abbiamo regalato una maglia della Nazionale con il loro nome, in ricordo di questa giornata. Siamo riusciti a regalare loro un sorriso», ha detto Mancini dopo l’incontro con i bambini allo stadio Ferraris. In tribuna stasera anche gli sfollati e i ragazzini di via Porro, molti dei quali giocano nelle giovanili di Samp e Genoa.
Sorrisi amari, un po’ come quelli dei genovesi che incontri. Stasera in molti andranno a vedere Italia-Ucraina, che più di una partita sembra un’occasione, un tentativo per tornare alla normalità dopo il disastro del 14 agosto scorso. «Voglio portare un po’ di gioia alla popolazione genovese che verrà allo stadio e poi una vittoria fa sempre felici tutti. Spero che la squadra faccia una buona gara, bisogna tornare a vincere», dice Mancini.
La sua Nazionale in cinque partite ha vinto una volta sola (con l’Arabia Saudita), un successo con addosso la maglia “Genova nel cuore” servirebbe parecchio. Agli azzurri, a Mancini, ai genovesi. «Non penso di soffrire della sindrome da amichevole – ha detto Mancini presentando la gara di stasera – però ricordiamoci che l’Ucraina è un’ottima squadra con un allenatore “italiano” come Shevchenko». L’Italia giocherà con il tridente pur avendo perso Zaza, tornato a Torino per una sofferenza al polpaccio sinistro. Al suo posto convocato Kevin Lasagna: «Non abbiamo alcun problema in attacco, ci sono varie soluzioni che proveremo. Non ho ancora scelto ma ci sarà chi farà due partite», dichiara il cittì azzurro.
In porta Donnarumma dall’inizio, difesa a quattro come al solito con Florenzi, Bonucci, Chiellini e Biraghi (presenza numero 2 per lui in azzurro). Centrocampo a tutto sprint con l’esordiente Barella a fare da spalla a Jorginho e al rientrante Verratti, in avanti ipotizzabile un attacco a tre con Insigne, Chiesa e Bernardeschi. Poi i cambi e i collaudi in vista della partita di domenica con la Polonia per la Nations League. Stasera al 43’ la gara si fermerà per ricordare le 43 vittime del Morandi. Non sarà solo una partita anche per questo.
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Articolo pubblicato dai giornali locali del Gruppo Gedi mercoledì 10 ottobre 2018
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