Leggendo i titoli di molti giornali sembra che la meravigliosa “bicicletta” di Cristiano Ronaldo sia stata l’unica circostanza che ha permesso al Real di sbancare Torino. L’immagine della plastica rovesciata del portoghese, destinata a diventare iconica nel calcio negli anni a venire, è così divenuta foglia di fico coprente di ben altre e sostanziali differenze tra gli spagnoli e gli italiani. L’acrobazia di CR7, autentico fuoriclasse ma troppo semplicisticamente accostato a Maradona, è invece solo la punta più evidente del divario segnato dal punteggio finale oltre che da quanto visto in campo.
A percepire e comprendere per primo è stato il pubblico dell’Allianz Stadium: applaudendo a scena aperta la prodezza di Ronaldo ha infatti certificato la distanza tra Real e Juve, riconoscendo all’avversario una superiorità tecnica che, quella sì, è rappresentata dalla prodezza del campione lusitano salito oltre le teste dei difensori bianconeri per colpire e affondare. E se è vero che la squadra di Allegri nel primo tempo è riuscita a dare qualche grattacapo ai madrileni, è anche vero che con il passare dei minuti il possesso palla e le continue verticalizzazioni dei bianchi si sono trasformati in fattori inequivocabili della aritmetica superiorità fisica, tecnica e tattica degli spagnoli.
L’equazione purtroppo per il nostro calcio è assai semplice e dimostrabile. Le prime 7 squadre della Liga sono Barcellona, Atletico Madrid, Real Madrid, Valencia, Villareal, Betis e Siviglia. Classifica alla mano le dobbiamo comparare, nell’ordine, a Juventus, Napoli, Roma, Inter, Lazio, Milan e Atalanta con Fiorentina e Sampdoria (in tre al settimo posto a quota 47 punti). Diciamolo pure, il confronto è tutto a sfavore delle italiane. Come per le nazionali, dove le ancora recenti amarezze nel girone di qualificazione ai Mondiali sono risultate decisive per gli azzurri.
Le differenze sono sicuramente tecniche tra il nostro calcio di vertice e quello spagnolo, ma non è solo una questione di piedi più o meno buoni. Marco Bellinazzo, giornalista de “Il sole-24 ore”, in un articolo pubblicato da goal.com, ha provato a fare una mano di conti: Real e Barcellona hanno maturato un giro d’affari complessivo di 1,3 miliardi di euro, mentre Juventus e Roma insieme non vanno oltre i 576 milioni: meno della metà. Sempre secondo Bellinazzo, le due “multinazionali” di Spagna puntano a superare in poco tempo il miliardo di fatturato stagionale e “hanno già pianificato restauri dei rispettivi impianti, da cui già incassano comunque 140 milioni di euro l’anno”. Proprio la capienza degli stadi è un altro elemento di differenza: “La rincorsa della Juventus sui competitors spagnoli sconta la minore capienza dell’Allianz Stadium (40mila posti) e un perdurante gap sul piano commerciale La Roma è la Cenerentola di quarti di Champions, insieme al Siviglia: il costo della sua rosa è al momento superiore ai ricavi operativi”, scrive ancora il giornalista del “Sole”.
E proprio la Roma rappresenta al meglio la situazione: nel match perso a Barcellona (4-1) ha anche dimostrato discreta personalità, impensierendo in più occasioni la difesa dei catalani. Nonostante questo, il risultato non è mai stato in discussione seriamente. Un Barça al piccolo trotto se l’è cavata egregiamente, qualificandosi di fatto senza neanche aspettare la gara di ritorno all’Olimpico. E’ nell’uno contro uno quanto nel giro palla che gli spagnoli (pardon, in questo caso i catalani) continuano a non avere eguali.
Lo stesso concetto di gioco esaltante e spesso esaltato del Napoli se da un lato è sicuramente quello che maggiormente si avvicina alle corazzate della Liga (a dire il vero, più a quello del Barcellona di qualche anno fa che a quello attuale), dall’altro presenta degli evidenti limiti di tecnica individuale nel confronto con gli spagnoli. La strada intrapresa da Sarri è sicuramente quella giusta e su questo non ci sono detrattori che tengono. Ma è anche la più difficile, visto che praticare possesso e pressing è esercizio arduo se non hai tecnica a sufficienza. Dei titolarissimi conosciamo bene le qualità, così come resta sempre aperto il dibattito sui rinforzi quasi mai pervenuti in corso di stagione. La verità è che (anche) la dimensione del Napoli attuale è quella giusta. Lottare per lo scudetto alla pari con la Juve, che fa del pragmatismo e non del gioco il suo punto di forza, è risultato tecnico (e aziendale) di primissimo ordine. Inutile parametrare la nostra realtà con le squadre di vertice di Liga o Premier League. Per quello ci sarà tempo, magari. Adesso l’obiettivo è ristabilire l’agibilità del campionato. Senza ossessionarsi con la quantificazione delle ripercussioni sul cammino della Juve dopo la batosta con il Real. Non ce ne saranno perché se c’è una cosa che i bianconeri sanno fare è vincere. A prescindere.
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