Mostre: a Bologna lo splendore egizio in 500 capolavori

Una sala del Museo Civico Archeologico di BolognaUna sala del Museo Civico Archeologico di Bologna

L’Egitto delle Piramidi, dei Faraoni, degli dei potenti e multiformi, ma anche le scoperte archeologiche sensazionali, il collezionismo più appassionato e lo studio rigoroso sono di scena al Museo Civico Archeologico di Bologna dal 16 ottobre al 17 luglio per una grande mostra che allestirà i capolavori provenienti dal Museo Nazionale di Antichità di Leiden. Esposti 500 reperti, databili dal Periodo Predinastico all’Epoca Romana, che dall’Olanda giungono per la prima volta nell’istituto museale bolognese, in cui è custodita una delle più famose raccolte egizie d’Italia.

Una delle statue durante l'allestimento della mostra

Una delle statue durante l’allestimento della mostra

Con il titolo “Egitto. Splendore millenario. Capolavori da Leiden a Bologna”, l’importante rassegna riunisce le opere straordinarie dell’istituzione olandese, tra le maggiori al mondo, affiancate anche da alcuni nuclei provenienti dal Museo Egizio di Torino e dall’Archeologico Nazionale di Firenze, dando vita così a una sorta di network che vede coinvolte le principali realtà museali italiane. Prodotta dal comune di Bologna, in collaborazione con Bologna Musei, il Museo Civico Archeologico e da Arthemisia Group, la mostra è stata curata da Paola Giovetti e Daniela Picchi, che hanno messo a punto una selezione di reperti di indubbia risonanza internazionale.

Il percorso espositivo si articola in sette sezioni, dedicate ai temi principali della storia egizia, spaziando dalle origini del predinastico e dell’Età arcaica al modello politico-religioso dell’Antico regno, dal Medio Regno, in cui fiorisce un nuova prospettiva di vita ultraterrena del dio Osiride, al trapasso verso il Nuovo Regno, testimoniato dai reperti rinvenuti nella necropoli di Saqqara, fino all’Egitto del primo millennio. Si potranno ammirare opere come la Stele di Aku (XII-XIII Dinastia, 1976-1648 a.C.), il “maggiordomo della divina offerta”, la cui preghiera racconta l’esistenza ultraterrena del defunto in un mondo tripartito tra cielo, terra e oltretomba o gli ori attribuiti al generale Djehuty, che condusse vittoriose le truppe egiziane del faraone Thutmose III (1479-1425 a.C.), il grande conquistatore.

In mostra anche le statue di Maya, Sovrintendente al tesoro reale di Tutankhamon, e Meryt, cantrice di Amon, (XVIII dinastia, regni di Tutankhamon-Horemheb, 1333-1292 a.C.), considerati alcuni dei massimi capolavori del Museo Nazionale di Antichità di Leiden, che mai prima d’ora avevano lasciato l’Olanda. Mentre, tra i numerosi oggetti che testimoniano un raffinatissimo stile di vita, ecco il Manico di specchio (1292 a.C.) dalle sembianze di una eternamente giovane fanciulla con un uccellino in mano. Infine, a 200 anni dalla riscoperta della sua tomba nella necropoli di Saqqara, la mostra bolognese offrirà l’occasione unica e irripetibile di vedere ricongiunti i più importanti rilievi di Horemheb, comandante in capo dell’esercito egiziano al tempo di Tutankhamon e poi ultimo sovrano della XVIII dinastia, dal 1319 al 1292 a.C., che Leiden, Bologna e Firenze posseggono. Del resto, ogni tappa fondamentale della carriera di questo grande stratega che divenne faraone (e governò per oltre 70 anni) si lega a una città diversa nella quale egli ogni volta fece costruire la propria sepoltura. Anche la storia della scoperta della sepoltura è affascinante quanto le decorazioni parietali che la rendono un monumento eccezionale del Nuovo Regno (dal 1552 fino al 1069 a.C.): individuata a Saqqara nel XIX secolo, fu spogliata di numerosi frammenti parietali, ora esposti nei musei di tutto il mondo, incluse Bologna e Leiden che conservano i nuclei più rilevanti sia per quantità, sia per qualità.

(fonte: take Ansa)

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