Ma chi è il vero San Matteo?

di Angelo Di Marino
Subito la notizia: De Luca sta bene. Ieri si è regolarmente presentato all’appuntamento politico con Ciriaco De Mita che presentava il suo nuovo libro. Nelle ultime 48 ore erano circolate le più disparate indiscrezioni sullo stato di salute del sindaco, creando non poca apprensione nella cittadinanza. Sì, perché Salerno da due giorni non parla d’altro: perché De Luca non è andato alla processione di San Matteo? Finanche molti salernitani all’estero hanno popolato i post dei social network per commentare l’accaduto che, in effetti, non ha precedenti da vent’anni a questa parte. Non sapremo mai cosa è successo veramente venerdì mattina al pontificale.
Le elucubrazioni che sono scaturite subito dopo, però, hanno sicuramente inciso sul San Matteo più complicato che si ricordi. Se De Luca ha ritenuto di non esserci, raffreddore o bruciore di stomaco che fosse, avrà avuto le sue ragioni. Che sono quelle di un politico che da oltre trent’anni fa il bello e cattivo tempo a Salerno. Prima da dirigente comunista, poi da amministratore locale. Lo fa a modo suo, come spesso abbiamo sottolineato.
Quello che più fa pensare è che ci sia una città che ormai ha modulato il suo modo di fare e di essere in subordinazione agli umori del primo cittadino. Chi conosce la tradizione di San Matteo sa bene quanto sia importante che la testa della statua non urti nulla, tantomeno che resti colpita da uno spigolo di balcone o dai fili della rete aerea. Altrimenti l’ira del santo potrebbe abbattersi sulla cittadinanza. Da qui l’abilità dei paranzieri che ondeggiano e si flettono, guidati da occhi attenti che impediscono qualsivoglia intoppo. Roba pagana, sia chiaro. Che neanche la Chiesa riconosce, anche se preferisce che la statua resti intera per ovvi motivi di sicurezza e di integrità delle casse vescovili.
Nella Salerno europea del terzo millennio, invece, l’assenza del sindaco-patrono dietro al santo viene assimilata a chissà quale presagio. Un’assenza foriera di miseria e carestia per una città che, proprio a detta del suo primo cittadino, guarda invece al futuro e può paragonarsi alle migliori realtà internazionali.
Scusate, ma c’è qualcosa che non quadra. Il mal di pancia di De Luca può davvero sconvolgere la vita di una città come questa? Può creare un vuoto, uno smarrimento tali da mettere tutti sotto choc? E allora siamo messi male davvero, e non perché San Matteo potrebbe colpire con i suoi strali ma solo ed esclusivamente per la mancata crescita di un’intera città.
Basta guardare nelle foto i volti sorridenti dei politici di turno che, questo sì che è un miracolo, si sono trovati accanto al santo perché il posto era libero. Decine di scatti come ad una riunione di ex liceali, sotto braccio senza distinzione tra destra e sinistra, increduli nel trovare l’attimo di popolarità che mai avevano potuto immaginare nel ventennio precedente.
Storie da basso impero che dovrebbero aprire ben altre riflessioni. Ma Salerno ha capito chi la rappresenta? Da un lato un presidente di Provincia che evita come la peste il capoluogo, facendo vestire la fascia blu a chi gli sta più simpatico, intento com’è invece a dispensare assessorati e consulenze (gratuite, per carità) nel difficile esercizio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sfamando così i commensali.
Dall’altro un sindaco che da lustri fa il sindaco e che tutti conoscono come sindaco. E basta. De Luca è il politico italiano che batte tutti per longevità amministrativa. La sua parabola di gestione del potere è superiore anche a quella di Berlusconi. Eppure in trent’anni ha capitalizzato poco o nulla al di fuori della “sua” Salerno. E che adesso finisce accomunato a Caldoro, Cirielli e quant’altri nelle invettive di chi non riesce a prendere un bus a Salerno o non arriva a fine mese con la pensione.
Il paradosso è che il sindaco-patrono, che tanto ha profuso nel gestire Salerno, rischi tra poco di trovarsi con un pugno di mosche in mano. Venendo giudicato per non aver sfilato dietro il santo. Proprio come nella più classica delle feste di paese. Che non sempre finiscono a tarallucci e vino.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

pubblicato su “la Città” del 23 settembre 2012

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