Intesa Pd-Pdl-Caldoro alla Regione: niente patti per Salerno

di Angelo Di Marino

La strana alleanza tra Pd e Pdl in Campania non può passare inosservata. Le prove tecniche di dialogo erano iniziate a Natale, proseguite a gennaio e nelle settimane successive. Frequenti i contatti anche con Roma. A gettare l’amo il governatore Caldoro, dall’altra parte i democratici di Napoli e Caserta seduti in consiglio regionale. Due le esigenze del presidente della Regione: schiodare dall’immobilismo l’ente e coagulare intorno alla sua figura un consenso politico trasversale, in pieno stile Monti. Del resto, cosa ci sarebbe di strano se, per il bene dei cittadini, maggioranza e opposizione dialogassero? Nulla, per carità. Peccato che la questione non sia in questi termini.

Caldoro, politico esperto e socialista prima che berlusconiano, è ostaggio della maggioranza che lo ha sostenuto nel 2010, pur considerandolo entità non omologata al Pdl che opera sull’asse Napoli-Caserta. Sullo sfondo Cosentino, Landolfi, le accuse di camorra, Cesaro,  il tesseramento-scandalo alla vigilia dei congressi, il caso Lavitola-De Gregorio e via discorrendo. Roba che ha contribuito allo sgretolamento della credibilità del partito di Berlusconi dalle nostre parti. Più di quanto Ruby e le notti di Arcore potessero fare.

L’uscita di scena del governo del Cavaliere ha favorito non poco il governatore che adesso dialoga con i professori molto più di quanto non potesse con i ministri del “suo” schieramento. Da questi presupposti nasce l’ipotesi di una “intesa istituzionale” a Napoli, dove di fatto già funziona l’asse con il sindaco De Magistris che certo berlusconiano non è. Una ipotesi, appunto. Neanche poi tenuta nascosta, visto che proprio questo giornale, come altri in tempi diversi, ne anticipò il senso politico già nel febbraio scorso con un’intervista a Caldoro. Ed è qui che entra in gioco il Pd. O meglio la parte napoletana del partito che ha un peso specifico assoluto rispetto al resto dei democratici.

A parti ormai talmente vicine, tanto da presentarsi unite all’opinione pubblica per illustrare la legge anti-crisi per la Campania, appare inevitabile etichettare come “inciucio” più che come “intesa” quanto avallato dal Pd in Campania. Goffo e inconsistente anche il tentativo di retromarcia innescato da una riunione della dirigenza regionale, guarda caso convocata postuma, dopo cioè l’accordo di programma.

Come ha spiegato Carmine Pinto nella sua analisi pubblicata da questo giornale, il Pd ha ancora una volta deciso di non decidere, sciogliendo il dibattito interno “in una confusa serie di dichiarazioni d’intenti. L’assenza di una leadership chiara è il problema evidente del Pd ormai alla vigilia di un’implosione”. Giustissimo. Va posto l’accento anche su un’altra questione, non di poco conto per il nostro territorio. E’ Salerno, ancora una volta, la realtà politica e amministrativa ad essere completamente estromessa, sia dalle logiche di “inciucio” che da quelle più nobili di intese istituzionali. Quando Pinto scrive che il Pd in Campania non ha un leader scrive cosa sacrosanta. Ancora peggiore la circostanza che, almeno stando ai numeri, ci sarebbe pure ma nessuno lo vuole. Si tratta ovviamente di De Luca, l’unico che ha affrontato l’elettorato in nome e per conto del centrosinistra in Campania dopo l’era Bassolino. Avversato da tutti i suoi alleati, è quello che ha conteso a Caldoro la presidenza della Regione nel 2010, uscendo sconfitto ma ottenendo un risultato che poteva rappresentare una più che solida base su cui ricostruire il Pd. Questo a rigor di logica. E’ finita invece come era facile prevedere, cioè peggio di prima. E anche ora che il sindaco argomenta sulla questione, apostrofando come “insaponatori” nemici e alleati, il tutto risulta poco credibile. Non può reggere strategicamente la versione di chi, per consenso popolare e non per diritto divino, era stato chiamato a guidare l’opposizione alla Regione e il Pd in Campania. Salvo poi mollare tutto per ripiegare su Salerno. Una mossa che si è dimostrata di corto respiro. Salerno non ha rappresentatività, è isolata a causa dei personalismi che la costringono a recitare come una primadonna senza voce al cospetto di una platea di sordi. Gli uomini del Pd di Salerno, fino a pochi giorni fa, giuravano e spergiuravano che non c’era alcuna intesa tra Pd e Caldoro. Se ne sono accorti leggendo i giornali e guardando la tv. E’ così, anche se qualcuno si affannerà a dire diversamente. A Salerno manco sapevano che Pd, Pdl e Caldoro si sarebbero presentati insieme per spiegare il loro piano. I diretti interessati lo hanno scoperto l’altra mattina andando a Napoli alla Regione. Splendidamente isolati come vuole il copione. Stessa solfa anche dall’altra parte, dove tornano a riaffiorare le disarmonie di sempre che, paradossalmente, accreditano De Luca più di quanto facciano i democratici.

Fin troppo facile il pronostico. Il Pdl è già in fase di scioglimento e certo non può mettersi di traverso sulla strada di Caldoro. Il governatore allarga la base per assicurarsi un percorso meno accidentato fino al 2015, mentre il Pd sciuperà l’ennesima occasione per riscattarsi. E Salerno continuerà ad avere un sindaco che non sarà mai leader del suo partito. In fondo è la fotografia della politica di questi tempi, dove tutti hanno un solo obiettivo: evitare di perdere scranni, seggiole e poltrone. Costi che quel costi. Tanto a pagare è sempre Salerno.

pubblicato su “la Città” del 27 maggio 2012

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