Coronavirus, al Sud i danni collaterali dell’emergenza: sindaci spiazzati dai ritorni forzati

Coronavirus in ItaliaPasseggeri alla Stazione Centrale di Milano

Come la risacca. Colpisce il Sud l’onda di ritorno del coronavirus che terrorizza il Nord. E’ l’effetto della chiusura di fabbriche, scuole e università disposta in quasi tutte le regioni settentrionali. Scatta così un anomalo controesodo, in particolare di professori e studenti fuori sede, che investe il Mezzogiorno. Un danno collaterale non di poco conto, visto che adesso l’altra metà del Paese è alle prese con un inedito tipo di emergenza. Quella da rientro senza preavviso.

In prima linea, un po’ come al Nord, ci sono i governatori. Quello della Campania, Vincenzo De Luca, annuncia addirittura tre piani diversi (A, B e C come le buste dei quiz): «A tutt’oggi – ha precisato l’ex sindaco di Salerno – non c’è nessun caso di contagio qui da noi. Andiamo avanti in tranquillità, la vita continua». Il piano per la Campania escogitato dagli uffici del governatore però non è proprio soft: già allertate le strutture militari per ospitare eventuali casi di contagio da mettere in quarantena. La neo presidente della Calabria, Jole Santelli, sembra invece più preoccupata avendo proposto «la chiusura delle scuole e delle università e la sospensione delle manifestazioni pubbliche». Ieri, tra l’altro, era alle prese con il terremoto a Cosenza.

L’incubo degli amministratori pubblici al Sud è in verità uno solo, quello del «ritorno imponente delle persone provenienti dalla cosiddetta “zona rossa”», cioè dalle aree a rischio. E’ per questo che i sindaci di alcuni comuni siciliani hanno emanato una ordinanza, invitando i cittadini «provenienti da zone dove sono attivi focolai di coronavirus a non uscire di casa e non avere contatti con altre persone per almeno 14 giorni dall’ingresso nel territorio». Due persone di Niscemi (Caltanissetta) tornate dal Nord e assolutamente prive di sintomi si sarebbero già messe in isolamento volontario a scopo precauzionale. Procedure analoghe a San Fratello (Messina), per una insegnante rientrata nel suo paese d’origine da Codogno, e a Sant’Agata di Militello, sempre nel Messinese, per un uomo rientrato da Lodi.

Mentre in Puglia il governatore Emiliano prospetta «focolai assai probabili a causa del rientro di molti studenti e lavoratori», in Basilicata è già scattata la quarantena per chi rientra dopo essere stato negli ultimi 14 giorni in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Liguria. A scanso di equivoci, il presidente della Regione, Vito Bardi, ha sottolineato che l’ordinanza è «rivolta solo agli studenti lucani». Stessa musica in Molise, dove una analoga disposizione resterà in vigore per almeno 90 giorni.

Sono decine e decine i provvedimenti dei sindaci del Sud riferiti al coronavirus di ritorno. Sembra di leggere un libro di geografia degli anni Cinquanta. Riscopri così la Lucania, il Sannio, il Vallo di Diano. E nomi di comuni un tempo ricchi di storia e da decenni ormai diventati dei paesi fantasma. E’ il Sud degli emigranti, delle seconde generazioni che tornano a casa solo per le feste comandate e neanche sempre. Soprattutto, è il Mezzogiorno dei giovani cervelli in fuga dal presente e non necessariamente in cerca di un futuro. Insegnanti non ancora di ruolo o appena nominati, universitari che studiano ma soprattutto già lavorano in attesa di una laurea alla Statale quanto al Politecnico. A Buccino, il paese del Salernitano dove sono ancora visibili i resti dell’antica Volcei (IV secolo avanti Cristo), il sindaco Nicola Parisi ha chiuso tutte le scuole dopo il rientro da Codogno e da Piacenza di cinque persone per le quali è scattata la quarantena. Da quelle parti, dove un tempo l’agricoltura dava da mangiare a migliaia di famiglie, dagli anni Settanta è partita la grande corsa alle fabbriche del Nord. A pochi chilometri da Buccino, ci fu anche chi pensò di trasformare le zone agricole in industriali, sfruttando i benefici della legge per la Ricostruzione dopo il terremoto del 1980. Il risultato è che buona parte della valle, tra testimonianze dell’età del Bronzo e necropoli dei primi abitanti di Paestum, è diventata museo a cielo aperto offrendo ai transitanti una cupa collezione di archeologia industriale, fatta di capannoni dismessi e macchinari arrugginiti. Dall’altra parte della valle c’è l’Irpinia, quella dell’epicentro del sisma di quarant’anni fa, e dall’altra ancora la Lucania. Nel quadrante anche Roscigno, comune di 679 abitanti. Il sindaco, Pino Palmieri, ha disposto multe da 500 a 5.000 euro per chi non comunicherà di essere stato nelle zone individuate come focolai di diffusione del coronavirus. I vigili urbani bussano così alle porte delle case dove potrebbero esserci i protagonisti di questa controemigrazione.

E’ gente di solito lontana dal Sud quella che adesso torna a casa. Di certo lontana con la testa e le braccia, ma non con il cuore. Lo confermano gli operai lucani che ieri mattina non si sono presentati in un cantiere pubblico a Riccione, non distante da quel viale Ceccarini cantato e ricantato da Dino Sarti. Impegnati nel rifacimento di una parte importante della passeggiata a mare, chiamata Goethe e Shakespeare, hanno preferito rinunciare al lavoro per evitare la quarantena che li avrebbe accolti al ritorno in Basilicata. Risultato: lavori bloccati. Alle ragioni dell’anima non si comanda. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa del 25 febbraio 2020

La Stampa, prima pagina del 25 febbraio 2020

La Stampa, pagina 15 del 25 febbraio 2020

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