Ecco Sarri alla Juve, il Comandante cambia maglia ma non pelle

Sarri alla JuventusLa conferenza stampa di Maurizio Sarri allo Juventus Stadium

TORINO. È ancora il Comandante. Cambia maglia ma non pelle Maurizio Sarri che non si smentisce anche nel primo giorno da allenatore della Juventus. Non è un marziano, non dà l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua in un mondo che, secondo gli stereotipi del calcio, dovrebbe non appartenergli. Quello bianconero è un vestito che indossa con disinvoltura e, soprattutto, con la consapevolezza di essere arrivato da vincente (non per caso) proprio dove si vince per abitudine: «La mattina mi devo alzare dal letto per rivincere. Essere qui lo ritengo un ulteriore passo in avanti, una emozione forte ma non di chi viene alla Juve direttamente dai dilettanti. E poi con tutte le emozioni che mi accreditate sarei già morto d’infarto vent’anni fa…», ci scherza su mentre è accanto a Fabio Paratici («Lo abbiamo scelto perché riteniamo sia il miglior allenatore possibile per noi in questo momento») e con davanti lo stato maggiore della Juve (da Andrea Agnelli a Pavel Nedved) schierato in prima fila a fissarlo senza parlare.

Si presenta a Torino, ma prima deve archiviare Napoli, in una sorta di processo di metabolizzazione del distacco che non sembra ancora completato: «So che quattro anni fa sono arrivato al Napoli dove ho dato tutto me stesso. Negli ultimi mesi avevo un dubbio ed ero diviso tra affetto e razionalità. Il Napoli mi ha tolto però il problema, presentando Ancelotti. Il mio era un dubbio serio, comunque…». A sentirlo capisci che l’ha vissuta male, peggio di quanto si sia immaginato e raccontato. «Sono andato all’estero per non passare direttamente a un’altra squadra italiana. Motivi personali e professionali mi spingevano però a tornare in Italia ed è arrivata la Juventus. Insomma, penso proprio di aver rispettato tutti».

Senza rinnegare mai il passato, adesso Sarri guarda avanti e pensa alla “sua” Juve: «In trent’anni non ho mai visto una società così determinata a prendere un allenatore. Ed è capitato con me. Abbiamo davanti un percorso lungo e la Juve ha l’obbligo di partire per vincere con la consapevolezza però che in Europa ci sono altre sette-otto squadre che hanno le stesse potenzialità». Qualche sassolino dalla scarpa, Sarri se lo toglie anche nei confronti del suo predecessore, Max Allegri: «Divertirsi in campo non è antitetico alla vittoria, il divertimento porta entusiasmo collettivo, carburante per ottenere risultati. Giocare bene non significa mica essere frivoli… Io integralista? Ma no, ho cambiato schema tante di quelle volte». Una stoccata anche al tifo razzista: «Non cambio idea se cambio società, credo che in Italia sia ora di smetterla. È giusto anche fermare le partite, lo pensavo a Napoli, lo penso ora. Il dito medio alzato? Rispondevo a 15 o 20 stupidi che non considero tifosi della Juventus».

Sarri ha delle priorità per la nuova Juventus: «Ho chiesto di parlare con quei due-tre giocatori che sono in grado di fare la differenza, con chi può incidere di più sui risultati». E in agenda c’è l’incontro in Grecia con Cristiano Ronaldo («Spero di aiutarlo a battere nuovi record»), poi toccherà a Dybala e Douglas Costa. Sul fronte mercato si parla francese: ancora quotato un ritorno di Pogba ma il vero obiettivo resta Adrien Rabiot. Un pensiero anche per Higuain: «Gli voglio bene, non l’ho più sentito dopo la finale di Baku. Dipenderà da lui, serve una reazione forte anche perché può fare almeno altri due o tre anni ad alto livello».

Fuori ai cancelli dello Stadium intanto non più di una dozzina di ragazzini, Sarri sembra non attrarre le folle bianconere: «Erano scettici a Empoli e a Napoli quando sono arrivato, solo vincendo e convincendo si può battere lo scetticismo». Inevitabile il passaggio sulla tuta: «Preferirei non andare in panchina con la divisa sociale. Fuori dal campo la indosserò, c’è scritto nel contratto, in campo vediamo. L’importante è che a questa età non mi mandino nudo…», scherza. Poi la chiusura ancora con Napoli e il Napoli: «De Laurentiis mi ha regalato il sogno di allenare la squadra per cui tifavo da bambino e per questo lo ringrazierò sempre. Abbiamo provato a vincere ma non ci siamo riusciti: eppure ci riproverei, lo rifarei. Se al San Paolo mi fischieranno sarà comunque un atto d’amore». Sarri è tornato.
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Articolo pubblicato dai quotidiani del Gruppo GNN venerdì 21 giugno 2019

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