Così la Lega di Salvini fa rotta verso il Sud

Napoli: divieto di entrata per SalviniIl divieto di entrata per Matteo Salvini all'ingresso del ristorante-bottega "Januarius" di fronte al Duomo di Napoli

I tempi cambiano. Lo dimostra il mutamento genetico delle istanze che partono da Sud. E che trovano riferimento politico nel partito apparentemente più lontano dalla cultura, dalla storia e dalle tradizioni del Mezzogiorno. Pochi giorni fa la Lega a Napoli è entrata in consiglio comunale. A cambiare casacca Vincenzo Moretto, 65 anni, eletto nel 2016 con la lista Prima Napoli a sostegno del candidato del centrodestra Gianni Lettieri. Moretto, uomo con un passato missino e in An e un lungo impegno politico, è il primo tassello della campagna acquisti del partito di Salvini in Campania che, come anticipa il sottosegretario al ministero del Sud, Pina Castiello, «nei prossimi mesi accoglierà diversi amministratori di qualità». La Lega, inoltre, è pronta anche in Campania a correre per le prossime regionali, sfidando l’attuale governatore Vincenzo De Luca, uno che da sindaco di Salerno era molto ammirato proprio dai leghisti.

C’è però ancora una certa difficoltà nell’accettare il mood della Lega nordica. In un ristorante di Napoli, per esempio, stabilito il divieto di entrata per Matteo Salvini con un manifestino affisso alla porta che parla chiaro: sulla faccia di Salvini c’è un netto segnale di divieto con la scritta “Io qui non posso entrare”. E poi c’è anche altro: «Locale napoletano. Vietato ai razzisti». L’iniziativa, a metà tra goliardia e politica, è di Francesco Andoli, il titolare del ristorante-bottega “Januarius” che si trova proprio di fronte al Duomo di Napoli, che definisce la sua una «iniziativa doverosa».

Il Sud quindi guarda alla Lega Nord già da tempo, questo è vero. Ma stavolta la cosa è seria, anche perché arriva pochi mesi dopo il successo elettorale ottenuto nel Mezzogiorno dal Movimento 5 Stelle. Sembra una inversione di tendenza, in territori dove nel frattempo il Pd è letteralmente scomparso. Lecito pensare che ci siano però dei motivi precisi dietro il rigurgito proleghista. Dal via libera di Giuseppe Conte al Tap, allo scontro a colpi di emendamenti sui migranti, infatti, è da tempo alta tensione tra Lega e Movimento Cinque Stelle. Mentre all’interno del Movimento cresce il malumore di chi vede i suoi vertici sempre più deboli di fronte all’attivismo leghista.

L’insofferenza parte proprio dal Meridione dove il definitivo via libera ai cantieri del gasdotto pugliese, ad esempio, provoca imbarazzo tra gli esponenti dei Cinque Stelle, messi nel mirino di violente accuse da parte dei No Tap, che arrivano a chiedere la testa dei “portavoce dei cittadini” eletti nella regione. Ma anche sul fronte della sicurezza, aumenta il mal di pancia dei grillini, tanto che l’ala del Movimento vicina al Presidente della Camera, il napoletano Roberto Fico, ha deciso di lanciare segnali di insofferenza verso un’alleanza con la Lega che vede i Cinque Stelle sempre più schiacciati su una linea radicalmente securitaria.

Le fibrillazioni tra Lega e M5S trovano anche a Roma terreno di scontro fertile, dopo le bordate arrivate di recente dal partito di Salvini all’amministrazione di Virginia Raggi. Tra le righe dello scontro si leggono i prodromi di una possibile campagna elettorale nella Capitale dove, e sarà sicuramente un caso, per l’8 dicembre la Lega ha programmato una manifestazione nazionale all’insegna dello slogan “prima gli italiani”.

Partita aperta e, ancora una volta, sarà il Mezzogiorno a fare da arbitro. Il solito Sud al quale si chiede consenso e dove la prima misura strutturata contro la povertà, il cosiddetto Reddito di inclusione (Rei), ha riguardato nei primi nove mesi del 2018 oltre 260mila famiglie e 720mila persone. Sono numeri questi che spiegano meglio di qualsiasi strategia politica cosa sta accadendo nel nostro meridione.

Editoriale “Il Salernitano visto da fuori” andato in onda su Radio Alfa domenica 28 ottobre 2018

Il link al podcast di Radio Alfa

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