E’ stata la settimana delle consultazioni al Quirinale e dello scandalo Facebook. Ma anche del carbonaraday e delle nuove etichette alimentari per tutelare il made in Italy. Ed è proprio di sapori che vogliamo parlare. In particolare di dieta mediterranea, riconosciuta dall’Unesco come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità nel 2010. Secondo un recente studio inglese, che ha monitorato per 10 anni la salute di cinquemila persone, questo modello nutrizionale ispirato ai comportamenti alimentari diffusi in alcune nazioni del bacino mediterraneo (come l’Italia, la Spagna, la Grecia e il Marocco) negli anni Cinquanta del XX secolo, sarebbe in grado di rallentare l’invecchiamento del Dna e di garantire benessere a chi abita nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si stima che chi segue questa dieta rispetto a chi adotta altri modelli alimentari, può arrivare ad avere circa 4 anni e mezzo di aspettativa di vita in più.
Vale la pena ricordare che la Dieta mediterranea deve la sua diffusione internazionale agli studi condotti dall’epidemiologo e fisiologo statunitense Ancel Keys proprio nel Cilento. E proprio nel Comune di Pollica, il paese del sindaco-pescatore Angelo Vassallo, ha sede il Museo Vivente della Dieta Mediterranea-Ancel Keys che si trova a Pioppi presso Palazzo Vinciprova.
Ma cosa sta succedendo alla Dieta mediterranea? Secondo gli esperti questo tipo di alimentazione è a rischio. Siamo infatti di fronte a una “transizione nutrizionale” a cui non sfugge proprio l’Italia. Una situazione resa pubblica in occasione della Giornata Mondiale della Salute, appena celebrata. Come spiega la Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn), i dati raccolti confermano il rischio di allontanarci dagli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030 dell’Onu.
In pratica, negli ultimi anni, si sta passando da una dieta tradizionale (caratterizzata da frutta e verdura, cereali integrali, legumi e olio extravergine di oliva) a una ricca di proteine animali, alimenti trasformati ricchi di zucchero, sale, grassi e alimenti a basso contenuto di fibre. Questa “transizione” porta all’aumento dei livelli di persone in sovrappeso o obese, importante fattore di rischio per problemi di salute come diabete, malattie cardiovascolari e cancro. E questo ha già delle conseguenze concrete. In Grecia, per esempio più del 60% della popolazione è sovrappeso. Anche in Italia la situazione non sembra migliore, con ben il 36,8% dei ragazzi tra i 5 e i 19 anni in sovrappeso.
E proprio nel nostro Mezzogiorno, la patria della Dieta mediterranea, sono i giovani a seguire sempre meno la sana alimentazione dettata dai principi di Keys, con conseguente aumento del sovrappeso e dell’obesità infantile, ma anche dei rischi per l’apparato muscolo-scheletrico. Insomma più malattie reumatiche senza pomodori e legumi in tavola. Nelle regioni del Mezzogiorno – osservano gli esperti della Società italiana di reumatologia – si registrano le percentuali più alte di obesità tra i bambini: Campania (19%), Calabria (16%), Molise (15%), Abruzzo (11%), Basilicata e Sicilia (13%). Se non si inverte al più presto questo pericoloso fenomeno – avvertono – diventa alto il rischio di dover curare, nei prossimi anni, un esercito di pazienti colpiti da malattie reumatiche.
Sarebbe davvero un peccato sciupare l’ennesimo patrimonio che la natura ci ha regalato e ha collocato nel nostro Sud, inesauribile ma anche vulnerabile forziere dei tesori più belli e importanti del mondo.
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Editoriale andato in onda su Radio Alfa domenica 8 aprile 2018
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