La dura legge del consenso al “patrono” di Salerno

di Angelo Di Marino
Salerno non finisce mai di stupire. In settimana, durante un incontro con alcuni intellettuali, il sindaco De Luca ha affrontato il tema delle opere in città, finendo il discorso con il vaticinio di morte imminente per i suoi oppositori, tra i quali figurano i “Figli delle Chiancarelle” e altri non meglio identificati detrattori. Successivamente, sempre il primo cittadino ha svelato che tra i movimentisti a cui non piace il Crescent ce ne sarebbe uno che evade i tributi, come da controlli incrociati del Comune. Alla faccia della privacy e dei dati sensibili forniti al sindaco. Quello che stupisce non sono certo le parole di De Luca, di cui da anni si conoscono pensiero e ruvide modalità d’ingaggio, quanto le reazioni di una parte di Salerno che sembra sempre cadere dalle nuvole. Telefonate, sms, mail, post sui social network, pseudonimi che vagano per la rete discettando addirittura sull’opportunità di pubblicare le dichiarazioni che riguardano il sindaco. Tutta gente che si dichiara scontenta, insoddisfatta, relegata a mera sudditanza, emarginata e finanche minacciata di morte prematura come da dibattito di cui sopra.

Peccato sia la stessa Salerno, nella gran parte dei casi, che da anni inneggia al santo che sfila in processione, salvo poi girarsi dall’altra parte e criticarlo. A De Luca si può imputare una indiscussa furbizia strategica, tipica del politico navigato. Che è quella di far diventare proprio punto di forza quelle che sono le debolezze altrui. In questa città da anni si fa la fila per chiedere qualcosa al patrono: residenti, postulanti, disoccupati, notabili, avvocati, guitti, parcheggiatori, architetti, pizzaioli, attori, comprimari, giornalisti, salumieri, giostrai, ingegneri, bancari, banchieri, presepisti, sassofonisti, costruttori, muratori, cruciverbisti, bidelli, falconieri, garagisti, presidenti, segretari, centralinisti altro non rappresentano che una parte dello sterminato elenco di quanti, in questo ventennio, hanno chiesto qualcosa al sindaco. Determinando così quel “sistema” che tanto ora fa discutere. E chi non ottiene quel che cerca, attraversa la strada magari bussando alla porta di Cirielli, salvo scoprire che i posti sono tutti già occupati.

Il “sistema” in realtà è alimentato dal modo di interpretare la cosa pubblica e il bene comune nel nostro Paese, in particolare qui al Sud. Quando ci si trova a dover affrontare qualsivoglia scoglio, piccolo o grande che sia, non pensiamo a come superarlo, bensì a chi ci può permettere di aggirarlo. Ed è a quel punto che scatta il perverso meccanismo del consenso, direttamente proporzionato a quanto un politico riesce a soddisfare non i bisogni di una collettività ma dei singoli che ne fanno parte.

Il paradosso è che uno come De Luca, il quale ad indiscutibile giudizio anche dei suoi più acerrimi rivali e detrattori resta quello che a Salerno ha fatto e continua a fare cose tangibili per la città che amministra (al di là dei gusti e dell’opportunità di alcune scelte), quando sarà non verrà ricordato per il Crescent o la Stazione marittima, bensì per aver accontentato o meno questo o quello. Magra consolazione per chi magari pensa di scrivere la storia.

pubblicato su “la Città” del 24 giugno 2012

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