Da Auletta un appello per riattivare le ferrovie dismesse

Auletta. Il ripristino di un sistema ferroviario efficiente, con la riattivazione dei cosiddetti rami secchi delle ferrovie, è oggi l’unica possibilità per garantire una mobilità sostenibile alle aree interne. E’ questo il punto centrale del rapporto “La fabbrica del terremoto” di Lucia Lorenzoni, presentato a Palazzo dello Jesus. Il direttore de “la Città”, Angelo Di Marino, ha moderato il dibattito seguito alla presentazione del rapporto. Al convegno hanno preso parte Aurelio Misiti, vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Alessandro Santoni, capo dell’ufficio ricerche del Monte dei Paschi di Siena, Renzo Tondo, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, e Giampaolo D’Andrea, docente di storia economica all’Università della Basilicata. «Il nuovo filone di indagine – hanno spiegato i curatori del lavoro – ha preso in esame le dinamiche innescate nelle aree terremotate dall’intervento di sviluppo industriale programmato nella legge di ricostruzione e cosa accade dopo un disastro a livello macroeconomico, comparando diversi esempi internazionali».
«Il rapporto – ha sottolineato la Lorenzoni – ha come punto focale il problema del riequilibrio demografico tra l’osso e la polpa del Sud, come l’intellettuale Manlio Rossi Doria definiva le aree interne e la costa». In merito alla riattivazione della tratta ferroviaria Sicignano-Lagonegro chiusa da circa trent’anni, il viceministro Misiti ha acceso un lumicino di speranza: «Sto cercando di recuperare fondi dai tagli alle spese che sta operando il Governo per far sì che in tutta Italia possano essere sistemati i ponti ferroviari delle tratte dismesse». Poi sarebbe più facile rimettere in sesto le parti restanti delle tratte e riattivarle. La proposta emersa ieri è quella di una mobilità reticolare, un’operazione che non comporta il dispendio delle grandi opere ma si esplica nella riattivazione dei “rami secchi” delle ferrovie e sottrae le aree interne all’isolamento. «Lo squilibrio tra queste e le zone costiere – ha evidenziato nel rapporto Stefano Ventura dell’Università di Siena – restituisce un territorio ingovernabile».
Una parte del rapporto, realizzata da Lucia Lorenzoni e Nicola Zambli, è stata affidata all’area ricerche del Monte dei Paschi di Siena; alle industrie del dopo terremoto in Campania e Basilicata è rivolto il saggio di Pietro Simonetti (Regione Basilicata) e Stefano Ventura; il rapporto include altresì uno studio antropologico di Teresa Caruso, ricercatrice all’Università di Bergamo, dedicato alla comunità terremotata di Caposele, nell’Avellinese.
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