Nessuno parla della crisi: è la storia della pagliuzza e della trave?

di Angelo Di Marino
Una settimana difficile. Siamo passati dagli occhi rossi di lacrime di Quagliarella e Pirlo al legittimo (?) impedimento di Brancher, senza dimenticare la mozzarella che diventa blu. Insomma, giorni in cui riflettere su tutto lo scibile umano, dimenticando di conseguenza i seri problemi che attanagliano il Paese. Non che quanto appena citato sia meno rilevante, ma con tutto il rispetto per Lippi e il portafogli del ministro siamo sempre al punto di partenza.
La crisi è ancora forte e, soprattutto, non si vedono segnali di risveglio. E, cosa ancora più grave, non si ode una voce che sia una, tra quelle che dovrebbero contare, che indichi se non la strada maestra, almeno un vicolo che sbuchi da qualche parte.
In scala è quanto accade a Salerno. Da giorni, ormai, assistiamo al valzer di poltrone nelle società partecipate e nei consorzi. Tutto lecito, per carità, anche perché trattasi del primo atto politico, dopo quindici anni, messo in campo da qualcuno che non sia De Luca. Così come di balletto si tratta a Confindustria, dove domani si vota per rinnovare la giunta. In questi mesi la presidenza degli industriali ha più volte suonato l’allarme, trasformando la sede sociale in un tavolo aperto tra imprese in crisi, istituzioni e sindacati.
Ecco, l’importante è affrontare la fase di ricambio con la stessa consapevolezza, e non con l’atteggiamento di chi vuole conquistare solo uno status da esibire alle riunioni di condominio o al circolo con vista mare mentre si gioca a burraco. Non è più epoca per fare semplice lobbismo, ci vogliono fatti. Carrefour annuncia licenziamenti, per esempio. Restiamo a guardare, o facciamo qualcosa?
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pubblicato su “la Città” del 27 giugno 2010

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