Omicidio Vassallo: chiusa l’inchiesta, nessun colpevole. Quella del sindaco-pescatore resta la rotta giusta

Angelo VassalloAngelo Vassallo, sindaco di Pollica, in una immagine del 2010 (foto d'archivio)

Un mistero irrisolto. E’ quello che sta per diventare la morte di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore ucciso la sera del 5 settembre 2010 nella sua Pollica, a pochi metri da casa. Le indagini saranno archiviate tra breve, non ci sarà nessun colpevole. E se l’omicidio è un’atrocità, il sapere che chi ha ucciso gira libero per il mondo se possibile è ancora peggio.

Non ci sono elementi per celebrare un processo e scade tra pochi giorni l’ultima proroga all’inchiesta concessa dal giudice per le indagini preliminari di Salerno.

Tra i primi a manifestare il suo sconcerto è stato Antonio Bassolino: “Che tristezza, ma la ricerca della verità deve continuare sul versante giudiziario e sul terreno politico. Un bacio, Angelo”, ha scritto su facebook l’ex sindaco di Napoli che con Vassallo aveva un rapporto di profonda stima. Drastico Giuseppe Cilento, già sindaco di San Mauro, il paese che confina con Acciaroli, e amico da sempre di Angelo: “Chiude l’inchiesta Vassallo. Vince chi usa la pistola. Il PD tace. Meno liberi noi”. Poche parole che pesano come macigni e che rappresentano un giudizio politico preciso, un vero e proprio atto di accusa. Duro anche il sindaco di Castel Nuovo Cilento, Eros Lamaida: “Angelo Vassallo, un ufficiale di governo assassinato impunemente da un fantasma. I territori del Napoletano dilaniati dalla camorra sono tanto diversi da noi, dal Cilento? A questo punto, non so. Non credo”.

A restare zitta, infatti, è proprio la politica e i suoi esponenti più in vista, compresi quelli della Campania e della provincia di Salerno che Vassallo lo conoscevano bene. “Sindaco scomodo”, questa l’etichetta che si era sempre portata appresso. “Scomodo” proprio politicamente perché non aggregato all’apparato e, da buon pescatore, fuori dalle correnti. Non era una pedina, Vassallo. Forse anche per questo adesso c’è chi fa finta di non ricordare, derubricando a mera notizia di cronaca l’archiviazione dell’indagine sul delitto.

Possiamo immaginare il dolore della famiglia. Antonio Vassallo, il figlio di Angelo, ha scritto non al padre che non c’è più ma al figlio, il nipotino che il sindaco pescatore non ha potuto conoscere:

“Con grande orgoglio potrò raccontargli che persona buona e straordinaria era, le cose belle che ha fatto, che non aveva paura di affrontare i cattivi anche difronte a un arma rischiando di perdere la vita ma andando comunque avanti con i suoi valori e come è stato bello essere suo figlio. Gli racconterò per quale motivo non l’ha mai conosciuto e gli dirò che dei cattivi l’hanno ucciso e quando mi chiederà se sono stati presi gli dovrò dire che ancora sono a piede libero e che le autorità competenti non sono state capaci di capire cosa sia successo e purtroppo non sono neanche capaci di andare avanti con le indagini per scoprire la verità. Certo, è una storia che avrà poco di bello da insegnargli e per il momento mi fermerò qui per non dirgli quello che penso veramente anche perché vorrei che lui crescesse con un senso di positività e pensasse che la vita è bella proprio come nel film dove il papà racconta una bugia al figlio pur di non farlo spaventare agli orrori dell’Olocausto e gli dirò che nella vita il male perderà sempre non come succede nella realtà”.

Non c’è bisogno di commenti a un pensiero dolce come una carezza a un figlio che vedi dormire nel suo lettino e che sai di amare come sei stato amato da chi non c’è più.

Non si arrende Dario, il fratello di Angelo Vassallo, che con la sua Fondazione ha portato avanti la proposta di istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. «In un paio di settimane abbiamo raccolto online circa 14mila firme. Non sono poche per un Paese distratto come il nostro, al quale certe questioni sembrano non interessare più», ha detto Dario Vassallo che non esclude di candidarsi alle politiche «se questo potrà servire a continuare a cercare la verità».

In effetti per gli omicidi non esiste la prescrizione, quindi in linea del tutto teorica sarebbe possibile una nuova inchiesta dopo la chiusura senza risultati di quella durata sette anni e mezzo durante i quali sono andate a vuoto le comparazioni di 94 Dna e le verifiche su oltre cento pistole. Privi di riscontri anche i sospetti sull’italo-brasiliano Bruno Humberto Damiani, considerato dagli investigatori un protagonista dello spaccio di droga in Cilento e che proprio in quell’estate del 2010 tanto aveva turbato il sindaco-pescatore, pronto a battersi per difendere il suo territorio dall’invasione dei pusher. Ma al di là dei mancati riscontri investigativi, a fare la differenza (in negativo) è stata sin dall’inizio la scarsa collaborazione ricevuta proprio dalla comunità vicina al sindaco ucciso.

Eppure quanto in qualche modo emerso nel corso dell’inchiesta che ora si chiude un valore lo ha avuto. Proprio da un troncone dall’indagine sul delitto Vassallo, infatti, è partita l’operazione «Frontiera» che ha portato nel luglio 2016 all’arresto di 58 persone ritenute dagli inquirenti appartenenti alla cosca Muto di Cetraro (Cosenza), indagate per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura e illecita concorrenza con violenza e minaccia. E proprio partendo dalla cosca Muto l’Antimafia ha messo a segno l’inchiesta «Cinque lustri», che ha consentito di svelare un’associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alla turbativa di gare d’appalto nel settore pubblico.

Ecco, ci piace credere che quegli arresti in Calabria siano un risultato strettamente legato a quella voglia di giustizia che Angelo Vassallo aveva e difendeva, da sindaco e da cittadino, da padre e da nonno, da uomo libero e da pescatore. La rotta è quella giusta, grazie Angelo.

Editoriale andato in onda il 21 gennaio 2018 su Radio Alfa. Ascolta in questa pagina il podcast

Ascolta “Editoriale 21-1-2018″ su Spreaker.
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