Editoriale della domenica: i treni del Sud e i sogni di Natale

Un treno per il SudUn treno per il Sud nella stazione di Milano Centrale nel 1980 (archivio Ferrovie dello Stato)

L’editoriale della domenica andato in onda sulle frequenze di Radio Alfa questa mattina.

Per ascoltarlo in podcast su Radio Alfa fare clic qui

Questo invece il testo integrale:

Siamo a pochi giorni da Natale. In questo periodo c’è chi viaggia per stare vicino ai propri cari, per trascorrere qualche ora accanto agli affetti familiari e nei luoghi d’origine. In tanti usano il treno che resta il mezzo di collegamento per antonomasia, almeno per noi meridionali. Eppure, proprio in giornate dal sapore di festa come queste, ci si rende conto che c’è un Sud anche per chi viaggia. Alta velocità a parte, i treni che circolano dalle nostre parti sono pochi, vecchi, inadeguati e spesso nel degrado. Per carità, nessun vittimismo. Si tratta di semplice constatazione che peraltro, almeno una volta, accomuna in realtà buona parte degli italiani.

A confermare quella che non è certo una semplice sensazione, ci ha pensato il rapporto “Pendolaria 2015” che si concentra, in particolare, «sull’emergenza Sud» ed offre uno spaccato delle 10 linee peggiori e un identikit dei passeggeri che usano il treno per raggiungere luoghi di lavoro o di studio. Tra le linee peggiori in testa c’è la Roma-Lido; ma a ruota seguono la Taranto-Potenza-Salerno, la Messina-Catania-Siracusa, la Circumvesuviana e la Reggio Calabria-Taranto.

Il dossier, realizzato da Legambiente, definisce un’Italia «sempre più divisa in due, tra una Alta Velocità moderna e un servizio locale con diffuso degrado che spinge purtroppo i cittadini all’uso dell’auto, con aggravio dei costi, del traffico, dell’inquinamento».

Attualmente sono circa 3.300 i treni in servizio nelle regioni con convogli di età media pari a 18,6 anni. In Sicilia, l’età media dei treni è di circa 23 anni, con la conseguenza che sulla tratta Siracusa-Gela lo stato dei treni è mediocre tanto che gli attuali tempi di percorrenza sono addirittura superiori a quelli di 20 anni fa, anche a causa di un’infrastruttura decisamente carente.

La stima dei tagli, dal 2010 a oggi è pari al 6,5% nel servizio ferroviario regionale (con punte del 26% in Calabria, 19% in Basilicata, 15% in Campania, 12% in Sicilia). I biglietti costano di più «a fronte di un servizio che non ha avuto miglioramenti».

Per non parlare delle zona interne della Campania quanto della Basilicata, dove i treni non ci sono proprio. Oppure dove magari c’erano ma ormai sono stati dimenticati. Un caso per tutti, quello della linea Sicignano-Lagonegro ormai inattiva dal 1987. Binari e stazioni spuntano ancora qua e là, in realtà tra il colpevole disinteresse della politica e l’accondiscendenza dei rappresentanti delle comunità locali di quel tratto di ferrovia che univa il Sud più Sud al resto d’Italia non c’è più traccia. Ogni tanto c’è chi lo ritira fuori in campagna elettorale, proponendo rifinanziamenti o curiose alternative (come fare della linea ferrata una pista ciclabile o un percorso da trekking), salvo poi rimetterla nel dimenticatoio qualche ora dopo.

E dire che il diritto al viaggio, alla mobilità, allo spostamento dovrebbe essere uguale per tutti oltre che garantito costituzionalmente. In una Italia senza respiro per lo smog, imbottigliata nel traffico e appiedata dalla inadeguatezza dei trasporti pubblici, dateci almeno la possibilità di muoverci. Perché vedete un ritorno in treno è anche un sogno, quello di vedere finalmente la propria terra bella e martoriata di nuovo viva, pulsante, in movimento. Perché è fermarsi senza scendere dal treno la condanna peggiore di chi è costretto a girare le spalle ad un passato incapace di diventare futuro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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