Editoriale della domenica: il crac delle banche e le spalle curve degli italiani

Una manifestazione contro il "Salva-banche" in piazza Montecitorio a Roma (foto Ansa.it)Una manifestazione contro il "Salva-banche" in piazza Montecitorio a Roma (foto Ansa.it)

L’editoriale della domenica andato in onda sulle frequenze di Radio Alfa questa mattina.

Per ascoltarlo in podcast su Radio Alfa fare clic qui

Questo invece il testo integrale:

È stata una settimana segnata dal cosiddetto salva-banche, il provvedimento con cui il governo ha tirato fuori dai guai 4 banche popolari. Le ripercussioni per i piccoli e piccolissimi risparmiatori sono però pesantissime, così come lunghe e minacciose sono le ombre che accompagnano il tumultuoso cammino delle banche italiane.

Il quadro non è confortante. In circolazione c’è una massa di oltre 60 miliardi di obbligazioni subordinate emesse dalla banche italiane, più o meno redditizie, nelle mani di piccoli e piccolissimi risparmiatori o di grandi investitori, scambiabili o meno sul mercato. 370 le emissioni: la parte del leone per decine di miliardi la fanno i big ma figurano anche, per importi non disprezzabili, titoli di banche medie o piccole. Inutile dire che questi titoli, preferiti dai risparmiatori in molti casi per le apparenti condizioni di vantaggio al momento dell’acquisto, sono vere e proprie mine vaganti, non rispondendo a criteri di sicurezza (il cosiddetto “rating”) e liquidità come invece sarebbe necessario. In parole povere, è il caso di dire, una cospicua fetta di questi titoli non è vendibile sui mercati quando la situazione inizia a farsi difficile, seppure alle volte questo comporti una perdita del valore evitando comunque l’azzeramento totale in caso di perdita.

A rendere ancor più difficile la situazione ci si è messa l’Unione europea per la quale, in caso di fallimento della banca, i possessori di obbligazioni subordinate (questo il nome che i tecnici hanno affibbiato ai titoli di cui stiamo parlando) sono considerati dei creditori di serie B e quindi il loro diritto di essere risarciti arriva dopo altri soggetti come i dipendenti, i correntisti o i sottoscrittori dei titoli “veri” e anzi concorrono a ripianare le perdite.

Ecco perché migliaia di risparmiatori delle banche salvate dal governo perdono i loro soldi.  Per la cronaca a rischio sono altre 9 banche di piccole dimensioni, 4 delle quali al Sud, stando ai dati aggiornati dalla Banca d’Italia, un’altra delle istituzioni messe sotto accusa in questi giorni a causa del suo atteggiamento apparentemente poco tempestivo nei confronti delle banche in sofferenza.

Il governo difende il salva-banche sventolando i numeri della filiera che sarebbe in qualche modo salva grazie al provvedimento, assimilando correntisti e risparmiatori a terremotati o rifugiati per i quali è necessario un “atto umanitario”. Parole ad effetto e inopportune. La sostanza, invece, è che la Guardia di Finanza sta investigando freneticamente sulle 4 banche “salvate” dal governo, così come sono numerosi altri gli istituti di credito finiti nel mirino della Polizia Valutaria, che indaga prevalentemente sui derivati «tossici» e sulla concessione di crediti a beneficiari non in possesso di requisiti adeguati.

Senza contare il «copiosissimo» materiale acquisito a Civitavecchia nell’inchiesta avviata dopo il suicidio di Luigino D’Angelo, il pensionato che aveva perso i risparmi di una vita (110mila euro) investiti con Banca Etruria. Nel procedimento si ipotizza il reato di istigazione al suicidio, per il momento si procede contro ignoti.

E se non bisogna fare di tutta l’erba un fascio (ci sono banche sane che operano nei territori senza fare danni, anzi), la verità è che – come ha scritto Bruno Manfellotto in un commento pubblicato da “la Città” – “i cittadini, già vittime dei crac Alitalia, Parmalat, Cirio, e che dovrebbero essere salvaguardati a norma di Costituzione, si sentono soli, abbandonati, esclusi. Possono solo sperare che ci sia un giudice a Berlino, anzi a Ferrara o ad Arezzo. Salvo poi sentire in giro alti lai contro la repubblica dei pm”.

A proposito, i fondi per provare a raddrizzare la barca con sopra i risparmiatori dovrebbero entrare a far parte delle misure della legge di stabilità, la famigerata “manovra”. Dalla quale esce definitivamente il Sud. Infatti se per un anno le aziende del Mezzogiorno (agricole comprese) potranno godere di un credito d’imposta per investire non si sa bene con quali soldi, il pezzo più significativo del già esiguo pacchetto, costituito dal prolungamento della decontribuzione, salta per mancanza di quattrini. Se ne riparlerà forse a primavera o chissà quando. Tanto per il Sud c’è sempre tempo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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