di Angelo Di Marino
Ha vinto. Senza discussioni e con numeri che non lasciano spazio ad interpretazioni, tantomeno a dubbi e sospetti. Vincenzo De Luca alla fine è riuscito nel suo intento, quello di vedersi legittimato quale candidato governatore della Campania. Dopo cinque anni trascorsi a rimuginare su una sconfitta che brucia troppo, quella contro Caldoro diventato poi “il turista svedese” nel linguaggio colorito usato dal sindaco condannato e decaduto di Salerno. Se i numeri non lasciano scampo a Cozzolino e Di Lello, i due ex assessori bassoliniani che hanno contrastato il passo deluchiano, sono le valutazioni politiche a prestare il fianco a dubbi e cattivi pensieri.
Innanzitutto che primarie sono state. Il Pd regionale, quello guidato da Assunta Tartaglione, non le voleva. Quattro rinvii, polemiche infinite, riunioni e assemblee convocate e sconvocate a tutto spiano, veleni: il menu è quanto di peggio il Pd potesse offrire, pur avendo una tradizione (negativa) senza pari in Campania. In attesa di un nome che unisse, si è creato solo il caos finendo per dividere come non mai. Sino alla vigilia è stata chiara la non condivisione delle candidature proprio da parte di Renzi e dei suoi, incapaci però nel dare una svolta ed un senso ad una competizione che avrebbe dovuto coinvolgere la base e non gli apparati. Agitando lo spettro di Cantone, l’uomo-simbolo della lotta ai clan e presidente dell’autorità contro la corruzione, altro non si è fatto che rendere impossibile la discesa in campo del magistrato, alimentando al contempo le ombre di infiltrazioni e speculazioni sul voto democratico. E se è vero che a De Luca c’è chi, da Roma, consigliò caldamente di farsi da parte (colloquio datato novembre scorso), è altresì vero che nessuno ha mai preso di petto la situazione, dicendo chiaro e tondo quali e quante perplessità il gruppo dirigente del Nazareno nutrisse (e nutre) nei confronti di De Luca e anche di Cozzolino.
Condanne e decadenza. L’ipocrisia che ha accompagnato le primarie del Pd si basa sul distacco con cui il gruppo dirigente del partito ha sempre trattato la questione. Mezze parole, indiscrezioni fatte trapelare ad arte, stille di veleno dosate da mani guantate e quindi anonime. Eppure stavolta sarebbe stato semplice dire che De Luca era un azzardo perché condannato un paio di volte in questi mesi e sospeso in due occasioni dalla carica di sindaco. Roba che, in altri tempi, sarebbe bastata ed avanzata per allontanarlo dal recinto. E invece no, solo sotterfugi e bisbigli quasi si volesse fomentare la platea contro l’ex primo cittadino di Salerno, incrociando antipatie e simpatie in un gioco di ruolo melenso quanto una partita di risiko riuscita male. Ironia della sorte, ha vinto proprio De Luca che, laddove battesse Caldoro, non potrebbe neanche accomodarsi sulla poltrona di governatore, così come (al momento) prescrive la legge Severino. Insomma con queste primarie, il Pd scelto l’incoerenza ad oltranza.
Il rinnovamento dov’è? A proposito, lo slogan scelto dal Pd per le primarie è stato “La Campania cambia verso. Adesso”. Bello, ma sgranato alla luce dei fatti sembra uno sfottò. Se il verso era riferito al Pd che cambia, allora è proprio fuori tiro. Come puoi pretendere di cambiare, cioè rinnovare, se i candidati delle primarie sono un sindaco che fa politica da oltre quarant’anni, un europarlamentare che ha fatto l’assessore regionale due lustri fa e che 21 anni fa era già segretario cittadino del Pds di Occhetto, e un socialista che nel 2000 era in giunta ancora con Bassolino sempre alla Regione. Se a questo aggiungete che De Luca era in pista nel 2000 e nel 2005 quando gli fu preferito Bassolino e nel 2010 quando ha perso con Caldoro, davvero non ci si raccapezza su quale verso il Pd voglia cambiare.
Tirando le somme, De Luca è la persona giusta nell’epoca sbagliata. La sua corsa alla Regione valeva sicuramente di più cinque, dieci, quindici anni fa. Ma lui in fondo non ha alcuna colpa, se non quella di voler dimostrare di essere il migliore (con la “m” rigorosamente minuscola) non si sa bene però più rispetto a chi in quanto altri ormai non ce ne sono. Resta insomma l’unico vero candidato che il Pd ha in Campania. La vera riflessione da fare è che il partito democratico in Campania non è stato capace di proporre una alternativa a Bassolino negli ultimi vent’anni, durante i quali l’unica cosa che continua a contare è il correntismo spinto, del quale sono indiscussi protagonisti proprio De Luca quanto Cozzolino. E se quest’ultimo resterà noto alle cronache per aver fatto votare gli immigrati alle primarie comunali del 2011, il sindaco decaduto verrà ricordato nel capitolo principale del manuale “Come vincere le primarie facendo diventare Salerno più grande di Napoli”. Del resto, Renzi sa bene che questa regola geomatematica a Salerno funziona da sempre. Per le primarie vinte dall’ex sindaco di Firenze andò così. E a dire il vero anche Bersani, l’anno prima, aveva applicato la stessa formula magica. E sì, perché dalle parti del Pd anche la scienza esatta può diventare un’opinione.
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Primarie Campania: i dati definitivi
Napoli città: Cozzolino 8620, De Luca 6343, Di Lello 1164.
Salerno città: De Luca 12434, Cozzolino 432, Di Lello 58.
“E Napoli è nove volte più grande di Salerno”, osserva Pippo Civati.
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