Regionali: quanto serve De Luca al Pd di Renzi?

di Angelo Di Marino
Negli anni della Prima repubblica le interviste di Ferragosto erano un appuntamento cruciale. Da buon politico 2.0, Matteo Renzi conosce bene la regola e finora ha sempre riempito con le sue dichiarazioni i fine settimana d’estate. Un modo per fare densità a centrocampo e non lasciare spazio al contropiede. Non si è smentito anche ieri, quando il settimanale “Tempi” ha anticipato i contenuti di un’intervista al primo ministro: «Serve aria nuova, bisogna togliere il Paese dalle mani dei soliti noti». Un monito, oltre che una traccia di lavoro per il futuro immediato. Che entra, suo malgrado, con la violenza di un macigno nel dibattito per le candidature alle imminenti Regionali.
Il Pd in Campania sta riproponendo, del resto, lo stesso stinto copione del 2010 che portò all’inevitabile sconfitta contro un centrodestra all’epoca trascinato dall’onda lunga del successo di Berlusconi. Stavolta quel centrodestra si è sgretolato, soprattutto in Campania, e sulla carta il partito democratico avrebbe la possibilità di ribaltare il risultato, ma è alle prese con i consueti scontri intestini che ruotano tutti intorno ad un solo nome: quello di Vincenzo De Luca.
Il sindaco di Salerno ha lanciato da tempo la sua candidatura, moltiplicando visite nel Napoletano quanto in provincia di Caserta, senza trascurare Avellino e Benevento. Stavolta non vuole partire impreparato, come invece accadde nel 2010 quando tra bluff dei bassoliniani e veti incrociati degli alleati (?), finì per presentarsi in solitudine e all’ultimo momento. Ancora una volta sceglie però l’autocandidatura, che parte da un presupposto del tutto personale: «Sono il più bravo e nel Pd non c’è nessuno migliore di me». Ma quanto queste sue inconfutabili pecularietà rappresentano davvero un valore aggiunto per il Pd di Renzi?
L’ex sindaco di Firenze è uno che vuole solo vincere. Si è preso il partito un anno dopo aver consapevolmente perso le primarie contro Bersani e pochi mesi dopo aver contribuito al premierato di Letta. Di entrambi gli antagonisti, ora come ora, non esistono più tracce. De Luca, come è noto, è uno di quelli che ha cambiato cavallo, appoggiando Renzi un anno dopo averlo apostrofato in tutti i modi possibili e immaginabili.
Mettetevi solo per un attimo nei panni di Renzi: vi fidereste di uno così? Ma De Luca ha i voti, si dirà. Non quanti però servono per fare la differenza, come hanno dimostrato le Europee stravinte da Renzi con il 40% delle preferenze. Un altro elemento dovrebbe far riflettere: il nostro è un governo di quarantenni, il Pd ha una dirigenza di trentenni e in Europa saremo rappresentati da una 43enne. Tutta gente che al massimo andava alle medie quando De Luca già era sindaco e costruiva fontane e piazze. E se l’anagrafe non può rappresentare certo una discriminante, non deve neanche diventare una scusa per farsi cedere il posto a sedere sul bus della politica.
De Luca non c’entra niente con Renzi e con l’aria nuova che il premier evoca. E per giunta ha un fardello ormai troppo pesante sulle spalle, frutto di 25 anni di somministrazione del potere locale e di scelte invasive, alcune delle quali sono finite in Procura. Il sindaco di Salerno non piace più come una volta ai moderati, lui che moderato non è mai stato, ai cattolici che non si arrabbiano se San Matteo non fa l’inchino in municipio e a quanti iniziano in questa città a non mettere la testa sotto la sabbia. Eppure una cosa è vera: De Luca è l’unico candidato che ha il Pd per le Regionali. Perché in Campania i referenti locali del partito hanno distrutto e diviso invece di pensare a costruire e unire, garantendo al centrodestra l’immunità elettorale. E perché De Luca è stato un buon sindaco, tanto che Salerno adesso ha un peso (anche politico) che manco si sognava trent’anni fa. E’ però dalla rielezione di Rosa Iervolino a Napoli che il centrosinistra non prova neanche a gareggiare nelle amministrative che contano. Tranne qui da noi, dove si è sempre lasciata mano libera a De Luca, sapendo che tanto non avrebbe mai varcato i confini cittadini.
Un errore marchiano perché, al di là dei suoi evidenti limiti politici e caratteriali, De Luca è stata una risorsa. Ma questo è il senno di poi e non serve più a nulla. Ora c’è Renzi che vuole vincere e non guarda in faccia a nessuno. E che pare non abbia l’abitudine di cedere il posto se non alle vecchine sul tram.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

pubblicato su “la Città” del 24 agosto 2014

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