Viabilità negata nel Cilento: se le strade non portano lontano

di Angelo Di Marino
Una vergogna. Senza se e senza ma. Isolare il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni è atto di una gravità assoluta. Un reato politico vero e proprio, consumato in danno di cittadini che sono e restano italiani come tutti gli altri. Ma che, a differenza di chi vive a qualche decina di chilometri di distanza, non ha strade su cui far viaggiare uomini, merci, idee e futuro. Siamo al cospetto di uno scempio che mette ancora una volta in un angolo quel Sud che non ha voce e che subisce soffrendo, stringendo i denti per l’ennesima volta nella travagliata storia di una delle parti più nobili del nostro Paese.
Le strade ridotte a mulattiere sono la fotografia di come la politica abbia trattato la questione. Perché se negli anni ’50 e ’60 le campagne elettorali per arrivare in Parlamento si vincevano a botte di viadotti e svincoli autostradali, nei decenni successivi il sottopotere locale ha disegnato una viabilità sempre più frammentata e cervellotica, asseverata solo ed esclusivamente agli interessi elettorali del momento.
Per capire, infatti, il perché dello sfascio che è sotto i nostri occhi bisogna come al solito affidarsi ai numeri. Nel Salernitano sono censite oltre 400 (dicasi quattrocento) strade provinciali. Quelle, tanto per capirci, che hanno come sigla “SP” con un numero spesso a tre cifre accanto. Il che significa che l’ente Provincia con sede a Palazzo Sant’Agostino ha in gestione centinaia di strade, molte delle quali altro non sono che vie intercomunali le quali, al massimo, collegano due o tre centri. Volete qualche esempio?
Esiste la SP 13B che va da Trentinara a Monteforte, misura meno di nove chilometri e unisce due soli comuni. Inutile dire che anche la SP 13A (Capaccio-Trentinara) e la SP 13C (Monteforte-Stio) hanno le stesse caratteristiche. Per non parlare della SP 71 (Filetta-Campigliano), della Sp 218 (Colliano-Collianello) o della SP 212 (Altimari-Giovi) che come tante altre collegano frazioni dello stesso paese. Del resto, non è un caso se la Cilentana, ancora una volta alla ribalta in questi giorni, ha come numero il 430. Per la cronaca si arriva al 451, strada provinciale che va dal Raccordo Salerno-Avellino allo svincolo per l’Università.
Numeri a parte ci sono atti politici alla base di questa suddivisione che renderà anche merito alla matematica, ma offre un pessimo servizio alla popolazione. Permettere che un solo ente gestisca centinaia di strade, sia pur dislocate in uno dei territori più vasti d’Italia, è un autentico suicidio. La Provincia potrebbe mai assolvere a tale compito? Ne ha i mezzi, le risorse, le competenze? Prima forse le aveva sulla carta, adesso neanche così. E se le responsabilità di aver frazionato strade e viuzze partono da lontano, il passato prossimo ed il presente poco hanno fatto per risolvere la questione.
Cosa si poteva fare? Focalizzare le forze e le risorse sulle strade “veramente” provinciali, quelle che rappresentano la spina dorsale della viabilità nel nostro territorio. Rimettendo, al contempo, la responsabilità manutentiva nelle mani di un ente come l’Anas che per natura è preposto a questo. E delegando ai Comuni, per le rispettive competenze, la gestione delle strade che collegano due o tre centri al massimo o addirittura frazioni dello stesso paese.
Scritta così sembra semplice, in effetti non lo è tenuto conto che siamo in Italia dove lacci e lacciuoli sono il nostro pane quotidiano e se non ci sono, state certi che qualcuno ce li mette. Ma è altresì vero che nessuno ha mai mosso un dito per dipanare la matassa politico-burocratica in cui adesso ci si ritrova.
Senza contare le strade “fantasma” denunciate da pochi (uno per tutti Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010) e finite in più di un’inchiesta della magistratura. E le tante incompiute che pullulano in lungo e in largo nella nostra provincia. Assistere allo stucchevole rimpallo di risposte e controrisposte al nemico politico di turno è poi lo spettacolo peggiore. Chi se ne frega delle vostre beghe personali, cari assessori, presidenti, consiglieri e carrozzonisti al seguito. Pudore imporrebbe il silenzio. C’è gente qui che non può più esercitare il proprio diritto di essere un cittadino come gli altri. E che vi ha anche votato. Pentendosene amaramente.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

pubblicato su “la Città” del 29 gennaio 2014

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