Il crac del Cstp: in filovia

di Angelo Di Marino
La gita domenicale iniziava ufficialmente con il saluto al fattorino. Che consegnava biglietti e monete di resto insieme a un buffetto sulla guancia. Senza pari la marzialità del cappello con le mostrine dorate sulla divisa color carta di zucchero. E poi con il naso schiacciato al finestrino, scrutando l’inarrestabile incedere di campanili, alberi, ciminiere, case colorate. Dal mare di Vietri alla basilica di Pompei.
Da dove si ripartiva col magone, sentendo già alle porte il lunedì e la scuola. Lo stemma con le ali scolpito nel muso di quello che per un bambino era l’Orient Express che lambiva monti, mari e sogni.
Ricordi della filovia. Quella dell’Atacs, sigla vanto di Salerno e non solo. Un pezzo di storia cancellato dalla malagestione e dall’incuria istituzionale che, pochi giorni fa, hanno condannato il Cstp. Definitivamente. Lasciando a piedi migliaia di pendolari, studenti, pensionati, cittadini che magari su quei filobus mai c’erano saliti ma che credevano di vivere e poter viaggiare in un paese civile. E mettendo a repentaglio centinaia di posti di lavoro, in un momento in cui la crisi occupazionale impedisce il reinserimento una volta usciti dal ciclo produttivo.
Piovono rabbiosi e sconcertati i commenti e le segnalazioni dei cittadini-utenti, catalizzati dal nostro sito internet così come alle fermate dei bus, diventati luoghi di espiazione per quanti, pur senza peccato, celebrano con mestizia il rito della (vana) attesa. I salernitani che lavorano, studiano, si spostano e provano a far quadrare il cerchio tirando la cinghia sono costretti a chiedere passaggi, sperando nel parente in transito per raggiungere la propria meta.
E se è vero che dopo la bufera di venerdì, già ieri si sono visti in circolazione più mezzi, è la prospettiva ad atterrire ancora di più. Cosa succederà a quanti hanno già acquistato gli abbonamenti di aprile, strutturando le proprie vite rispetto a orari e frequenze di quelle che furono le tranvie più invidiate del Sud? E quando arriverà il liquidatore cosa ci si dovrà aspettare?
Il crac Cstp è la logica conseguenza delle politiche spartitorie che da sempre segnano il territorio. Oggi come in passato, si è pensato a costruire un sistema di potere più che un sistema di trasporto. Poltrone e cariche, a prescindere da chi le gestiva, sono sempre venute prima del bene comune. In un’azienda che avrebbe come fine unico l’erogazione di un servizio alla comunità.
E come se non bastasse, il colpo di grazia è rappresentato dall’enorme squilibrio tra le risorse destinate a Napoli e quelle invece canalizzate in direzione Salerno. Ma anche questa circostanza, peraltro decisiva alla luce dei fatti, è anch’essa legata al modo di interpretare la politica in Campania, dove vigono le regole dell’appartenenza e non quelle del merito e del bisogno.
E dove inimicizie, gelosie e scontri tra fazioni anche amiche, in nome di personalismi troppo spesso stucchevoli, hanno inferto ferite profonde al nostro territorio, causando danni che nessuno forse è in grado di quantificare.
Salerno, nonostante i proclami di qualcuno, è la prima vittima del suo isolamento e della mancanza di rappresentatività nel circuito decisionale. Là dove ci vorrebbero voci e non lamenti, i salernitani non ci sono. Aspettano sconsolati alle fermate per non perdere l’ultimo autobus.
© riproduzione riservata

pubblicato su “la Città” dell’1 aprile 2012

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