Rifiuti, pedaggi, sanità, trasporti: la secessione è già una realtà

di Angelo Di Marino
Non è l’inferno di immondizia che seppellisce Napoli a farci più paura. A stordire è la strisciante secessione che la cattiva politica sta avallando. Siamo in mezzo ad una guerra tra bande, portata avanti solo per mantenere impunità e poltrone, costi quel che costi. Il caso di specie prevede anche una oligarchia stanca ed autoreferenziale come mai forse nella nostra storia democratica. Nell’ombra l’anziano premier degli scandali e dei processi, legato mani e piedi all’ultimo bastone per la vecchiaia (politica) che gli è rimasto: la Lega.
Non c’è da scherzare con quanto sta avvenendo. Ormai da anni registriamo la sempre più profonda frattura che separa Nord e Sud. Ma le allarmanti circostanze di questi giorni rendono ancor più drammatico il quadro della disperazione. Uno su tutti, il caso dei rifiuti. Dopo averci bombardato nelle campagne elettorali, additando i mostri Bassolino e Iervolino come gli unici responsabili del disastro chiamato monnezza, assistiamo all’assordante silenzio e al volontario immobilismo del centrodestra che governa. E’ anche il caso della Regione Campania, da più di un anno nelle mani della giunta Caldoro. Silente mentre Berlusconi cancella Napoli dalla sua agenda, dopo aver promesso di tutto nel tentativo di strappare elettori a de Magistris. E’ la Lega a comandare, mettendosi di traverso.
L’altro esempio è quello dei pedaggi sul raccordo anulare di Roma, sulla Salerno-Avellino e sull’A3. Anche in questo caso la secessione di fatto è già avvenuta: a pagare saranno laziali e meridionali, quelli che più stanno sulle scatole alla gente di Pontida, per la quale gli slogan “Roma ladrona” e “Napoli uguale colera” non sono cori da stadio bensì linee programmatiche di governo.
Non sono solo le folkloristiche esibizioni dei verdevestiti il nocciolo della questione. Siamo infatti al cospetto di una maggioranza parlamentare che esercita volontariamente una forma di razzismo amministrativo, ridisegnando i confini sociali e geografici del Paese alla faccia della Costituzione e dell’Unità d’Italia, fiera dei suoi 150 anni. E questo è inconcepibile per una nazione che dovrebbe essere evoluta, all’avanguardia e soprattutto indivisa. Sono passi indietro che ci riportano a due secoli fa, forse più. E che sono frutto della pochezza di questa politica, fatta di personalismi e miopie.
La Campania è la regione dove le tasse sono più alte, la sanità è troppo cara, un pieno di benzina vale un mutuo e assicurare un’auto o un motorino equivale a dissanguarsi. Di prendere un bus neanche a parlarne, visto che non esistono più. Così come i treni per studenti e pendolari, le tariffe agevolate per i pensionati, i servizi sociali.
Ecco, le condizioni per la secessione di fatto sono già presenti, non c’è bisogno di crearle con una leggina da far votare a Scilipoti. O ai consiglieri regionali del Pdl, salernitani compresi, che hanno detto sì alla riapertura di Macchia Soprana. Ma per noi meridionali è importante sapere una cosa: la palla al piede non è il Sud. Da un decennio la “locomotiva” del Paese si è fermata. Sopravvive grazie alle robuste iniezioni di finanziamenti pubblici che a noi vengono negate, anzi sottratte. Preferiscono passarci direttamente le flebo, proprio come si fa coi moribondi. Che qualche volta, però, possono anche resuscitare. E tornare più forti di prima.
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pubblicato su “la Città” del 26 giugno 2011

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