A Napoli e Milano una rivoluzione al sapore di ragù e polenta

di Angelo Di Marino
Un cappotto. Il voto di Napoli prima ancora che di Milano rappresenta un evento storico per il nostro Paese. I napoletani hanno fatto capire che non ne possono più dei giochi di potere, dei valzer di poltrone, dei trasformisti, dei partiti senza storia, delle cricche e del malaffare amministrativo. Vogliono soffirire sì, ma scegliendo con chi farlo. Insieme, senza girarsi dall’altra parte. 
E hanno individuato in Luigi de Magistris, rodomonte dai modi spontanei quanto efficaci, il punto di rottura con il passato e il presente, divenuti nel frattempo troppo ingombranti per una città che naviga tra i rifiuti e si è stufata di promesse che hanno il sapore della presa in giro.
L’ex pm, transitato decine di volte nelle aule del tribunale di Salerno a seguito dello scontro tra toghe di Catanzaro, ci ha messo la faccia e il cuore, diventando suo malgrado il nemico di tutti. Odiato da Bassolino e una parte del Pd che gli hanno fatto propaganda al contrario, slegato dal suo stesso partito, affiancato dalla Sinistra ormai extraparlamentare, il nuovo sindaco di Napoli ha messo tutti in fila lasciandoli fuori dalla porta. Riconoscendo il valore di Raimondo Pasquino, ancor prima di quello di democratici e vendoliani di turno, ha poi intercettato l’ennesimo sentimento comune dei napoletani che nel rettore di Salerno hanno inviduato un candidato attendibile ed equilibrato. Sarà forse lui il presidente del consiglio municipale, nel quale siederà una marea di volti nuovi, il che non potrà che far bene alla salute di una città calpestata da tutti.
Se Napoli ha letteralmente eruttato, Milano ha bocciato Berlusconi nel modo più palese: la statuetta del Duomo rifilatagli nei denti da Tartaglia deve avergli fatto meno male della lettura dei risultati di ieri. Sconfitto da Pisapia, dalla Moratti, dalla Lega e dalla sua stessa città, nella quale quindici giorni fa aveva festeggiato lo scudetto. Un baratro nel quale il Cavaliere si è gettato volontariamente, declinando le amministrative come un referendum nei suoi confronti. Risultandone schiacciato, anzi stritolato. Nessuno lo ha fermato, tanto è ormai solo il premier nella sua eterna giovinezza trasformatasi in viale del tramonto. Ne sa qualcosa il povero Lettieri che ha fatto di tutto per impedirne la discesa a Napoli al fianco di Gigi D’Alessio nell’ultimo comizio, quello di piazza Plebiscito. Senza dimenticare Cosentino, la croce sulle spalle portata in lungo e in largo in campagna elettorale.
Nel giorno finora più buio del berlusconismo, il Pd sale sul carro del vincitore. Ne ha diritto ma, soprattutto in Campania, i democratici sono ai minimi storici. Da quello che viene inequivocabilmente definito un successo, portano a casa 4-consiglieri-4 a Napoli e nessuno a Salerno, dove non c’era neanche la lista. Il partito a Napoli è commissariato dopo l’inciucio delle primarie. Andrea Orlando, spedito da Roma per spegnere il rogo, ha definito la vittoria di de Magistris “un sospiro di sollievo”. Forse è l’unico che ci ha capito qualcosa nel Pd nostrano.
Non sappiamo se il centrosinistra campano saprà fare tesoro di questo risultato. E’ certo invece che quanto accaduto a Nocera Inferiore influirà non poco sul Pdl-Principe d’Arechi.
Cirielli ha puntato tutto su Bellacosa, mettendo su una campagna acquisti trasversale alla maniera di Berlusconi. Ne ha ottenuto quanto il premier, cioè zero. Il suo partito ha straperso a Salerno ed è uscito sconfitto a Nocera, in quella che doveva essere la nuova roccaforte del centrodestra. E a dargli il colpo di grazia è stato un suo ex compagno di partito, quel Manlio Torquato che proviene da An proprio come il presidente della Provincia. Ripercussioni? Forse, anche perché l’aria che tira nel Pdl è tale da chiedere presenza costante a Roma più che a Salerno. Senza contare che le grandi manovre trasversali sono già partite. Non è un caso se De Luca chiede all’Udc l’appoggio al Comune, così come succederà a Napoli.
A proposito, vedremo mai una stretta di mano tra De Luca e de Magistris, i due sindaci più votati d’Italia? Quella sì che sarebbe la svolta. Altro che la fine di Berlusconi.
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pubblicato su “la Città” del 31 maggio 2011

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