Elezioni comunali 2011: una partita su due tavoli

di Angelo Di Marino
Si vota. In un Paese in perenne campagna elettorale, è in corso il tentativo di dare una valenza nazionale a queste amministrative. E’ quanto fa Berlusconi, il quale anche stavolta prova ad assestare qualche colpo sotto la cintola dopo il gong: niente Tarsu per i napoletani, stop agli abbattimenti delle case abusive e lo show con i giocatori del Milan nel giorno del silenzio.

E domani si replica, magari sul predellino all’ingresso del tribunale di Milano che frequenta tutti i lunedì. Il premier chiede alla gente i voti per fare le tre riforme che dal 1994 non riesce a portare a termine: giustizia, tasse e Costituzione. In mente deve avere, ovviamente, qualche altro ribaltone interno alla sua maggioranza che fa perno sui “Responsabili” (Scilipoti e compagni), trovando però sempre più occasioni di attrito con la Lega. Insomma, il Cavaliere si sente stretto da entrambi i lati e tenta così di divincolarsi.
Lo stesso significato ultimativo viene dato dal Pd, oltre che dal Terzo polo. A dire il vero, a Napoli il candidato sindaco Morcone è stato visto più con Bassolino che con Bersani, ma forse è solo un caso. E il vero antagonista dei democratici nella corsa a Palazzo San Giacomo è stato più de Magistris che il berlusconiano Lettieri, industriale dal fisico esile con interessi anche a Salerno. Insomma, da un lato c’è un premier che chiede voti per non finire schiacciato dai suoi stessi coinquilini, e dall’altro un’opposizione che non potendo proporsi come alternativa prova a smantellare dal basso le fila nemiche. Da domani sera ne sapremo di più.
Peccato che di mezzo ci siano pezzi importanti di questa Italia che arranca ed è sempre più spaccata, in barba a quanto dice lo stesso Berlusconi che parla di “crisi alle spalle” senza aggiungere però di chi. E’ in gioco il futuro di grandi città: Milano e Napoli su tutte, ma anche Bologna e Torino. Al Nord la Lega ha già fatto le sue scelte: desistendo su Milano, favorendo così di fatto il Pd, ha piazzato pedine importanti nei Comuni a ridosso del capoluogo lombardo. Una strategia di accerchiamento che permetterà a Bossi di vincere nei centri più piccoli con percentuali bulgare e di non perdere a Milano, comunque vada.
Al Sud tutto sembra sfilacciato, in assenza di reali punti di riferimento. E’ in occasioni come queste che ancor di più ci si rende conto dell’assenza di una vera classe politica, capace di rispondere a quelle che sono le esigenze e le tante emergenze del territorio. Del resto Tremonti l’ha detto ieri: «Il nostro problema è il Sud». Peccato non pensi minimamente a come risolverlo, anzi.
Ecco perché a Napoli la campagna elettorale nasce e muore evocando ancora Bassolino che viene citato più volte adesso di quanto non lo fosse da candidato sindaco o governatore. Così come a Salerno, dove tutto ruota attorno alla fisicità politica e amministrativa di Vincenzo De Luca, in sella da quattro lustri. Un anno fa, non concretizzò la chance migliore avuta finora: diventare presidente della Regione partendo da Salerno e non più da Napoli. E’ probabile che prima o poi ci riprovi, ma il dato certo è che la propaganda dei suoi avversari, giocoforza, anche stavolta si è dipanata nel segno di quanto e come ha fatto e detto il sindaco dal ‘93 ai giorni nostri.
E se i suoi avversari (e detrattori) alla fine altro non ne condannano che la longevità politica, parimenti andrebbero analizzate le cause degli insuccessi di chi gli ha gareggiato contro in passato. Così quando, a sessant’anni e più, De Luca decise di rompere il fronte del centrosinistra in Campania finì bersagliato prima dal fuoco amico che dai competitori. Queste sono tutte conferme di come sia anomalo il metodo che regola la politica in Italia, che distingue l’appartenenza dai meriti, finendo per valorizzare solo la prima.
In questa domenica di elezioni non dobbiamo, però, dimenticare il sindaco-pescatore, Angelo Vassallo. Un anno fa vinceva a Pollica, gareggiando da solo con la sua lista civica. Ora ci manca, manca a tutti quelli che ancora credono nell’onestà e nell’impegno civile, a prescindere dai ruoli. E se la politica politicante non sembra abbia molta voglia di ricordarlo, così come lo tenne a freno nel corso della sua avventura terrena, c’è tanta gente che mai si darà pace per quanto accaduto la sera del 5 settembre. E’ a quell’Italia che va data una risposta.
© riproduzione riservata

pubblicato su “la Città” del 15 maggio 2011

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