La calda estate dei sindaci: quando la politica va sull’altalena

di Angelo Di Marino
E’ l’estate dei sindaci. Nel bene e soprattutto nel male. Nocera Inferiore e Corbara non hanno più una giunta e torneranno a votare. A Nocera Superiore, Montalbano si è dimesso, salvo poi rimontare in sella nell’arco di 24 ore. A Sarno la scricchiolante alleanza che sostiene (?) Mancusi è chiamata all’ennesima prova del fuoco che non promette nulla di buono. Per non parlare di Pontecagnano, dove Ernesto Sica, l’uomo del dossier contro Caldoro, non molla la poltrona, anche se in molti (e non è solo l’opposizione) vorrebbero veder rotolare la sua testa. Battipaglia registra l’ennesimo capitolo della saga del cemento, da sempre spina nel fianco per i sindaci dell¹ultimo cinquantennio, consegnando alle cronache scadenze elettorali che ormai hanno la stessa cadenza di una festa patronale. A Baronissi, solo poche settimane fa, lo strappo nel Pd ha consentito al primo cittadino di ridisegnare volti e maggioranza rispetto a quanto sancito dalle urne.
Eboli sembra non saper uscire dal lungo tunnel che un centrosinistra sfaldato dalla diaspora post rifondarola percorre a fari spenti. Da mesi a Pagani governa un facente funzioni del primo cittadino, a sua volta condannato e sospeso, dando vita un giorno sì e l’altro pure a scontri feroci ed intestini che altro non sono se non il lungo prologo all’imminente campagna elettorale. Bellizzi, poi, ha Salvioli in perenne conflitto con Volpe, a seguito della guerra di carte bollate che potrebbe rimettere tutto in gioco. Mettiamo un punto a questo elenco, per carità di patria e mancanza di spazio.
Si dirà nulla di nuovo sotto il sole d’agosto, visto che da sempre i sindaci cadono e il voto anticipato fa parte del copione. E invece no, non è così. Siamo al cospetto di una crisi strutturale della politica locale, declinata nelle sue più diverse e incomprensibili sfumature. Il continuo travaso di uomini e voti da una sigla all’altra, in nome e per conto di visibilità e potere da ottenere rapidamente costi quel che costi, è la pandemia che ha colpito gli eletti (dal popolo) da un bel po’ di tempo a questa parte. Non c’è schieramento che tenga, vale solo la logica della conquista, prescindendo dalla coerenza e dalle ormai sbiadite ideologie che certo non caratterizzano i partiti liquidi che affollano le schede e svuotano le piazze. In provincia di Salerno, poi, il sorpasso in curva portato da un anno a questa parte dal centrodestra ha scompaginato definitivamente le già labili logiche che si rifacevano agli schemi degli anni Ottanta, quando a parlare erano in pochi e a decidere era uno solo: De Mita. 
La vittoria di Edmondo Cirielli, presidente della Provincia da poco più di dodici mesi, ha addirittura anticipato i tempi nel centrodestra, trovatosi nell’inedito ruolo di maggioranza di governo senza averne ancora le basi. Dopo lustri di opposizione, mai determinante, gli stessi che per anni avevano guerreggiato contro i mulini a vento sono stati catapultati nelle stanze che contano, quelle del potere. Ed è da questo punto in poi che la storia cambia. Si è molto parlato della campagna acquisti portata avanti da Cirielli. Vero, ma si tratta di esigenza oltre che di strategia.
Per amministrare devi avere gli uomini giusti nei posti che contano, altrimenti non vai molto lontano. Con questo spirito, infilandosi nelle linee nemiche nel frattempo scompaginate e col morale sotto i tacchi dopo le battaglie perse, ha acquisito pedine che non aveva per fare le mosse giuste sullo scacchiere. Senza contare i nomi nuovi tirati fuori dal cilindro per fare la giunta, eludendo così un passato non certo sfavillante.
Tutto questo, però, non è detto si trasformi in consenso. Il presidente della Provincia ha conquistato le luci della ribalta, grazie ad un intenso lavoro portato avanti fino ad ora sul piano della comunicazione. Di suo, Cirielli ci mette i toni ed i modi che sono perentori e mai scontati. Doti non di poco peso per uno che fa politica. Il vero banco di prova sarà la corsa al municipio del capoluogo. A Salerno il Pdl dovrà presentare uno sfidante credibile contro il favorito De Luca. Contando solo l’ala Cirielli, è già pronto il fuoco di sbarramento alla Carfagna che, paradossalmente, potrebbe essere il volto giusto. Invece finirà per candidarsi a Napoli, vedrete.
Sullo sfondo, e neanche poi tanto, lo scisma della libertà che ha trasformato il partito del predellino in una copia mal riuscita della vecchia Dc delle correnti. Fini è lì, ora lontano anni luce da Berlusconi. Il premier sa che l’unico modo per uscire dalla morsa (Bossi da un lato e Fini dall’altro) è quello di andare a votare. Prima che i nemici possano
serrare le fila. Insomma, il tempo stringe. Per tutti.
© riproduzione riservata

pubblicato su “la Città” dell’1 agosto 2010

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