Gallozzi: “L’impresa da sola non può battere la crisi”

di Angelo Di Marino
Fuori fa caldo. La temperatura sale anche in ufficio, nonostante l’aria condizionata. La scrivania del presidente Agostino Gallozzi, a Confindustria, è ordinata come sempre. C’è da fare i conti con la crisi, quella che si vede, si tocca, si sente ma è come se non esistesse. «E’ la cosa che più mi preoccupa – dice – Solo ora, dopo mesi di assoluto silenzio, qualcuno sta prendendo coscienza della situazione. Ma si tratta di discorsi, mentre ci vorrebbero i fatti».
E nel frattempo è arrivato pure Tremonti con la sua manovra…
L’impatto iniziale sembrava buono, in realtà non contiene nulla che porti sviluppo o che crei le condizioni per un rilancio. Tagli, solo tagli. Soprattutto per gli enti locali, ed è lì che rischiamo grosso, soprattutto noi al Sud.
In giro sembra tirare un’aria fortemente antimeridionalista. E’ solo una sensazione, o qualcosa di più?
E’ un dato acquisito, non so quanto voluto ma lo è sicuramente. Se proseguiamo su questa strada, la forbice rischia di allargarsi sempre più. E la differenza tra Nord e Sud, già adesso palpabile, diventerebbe insostenibile.
C’è da preoccuparsi…
La vera grande preoccupazione deriva dal clima generale dell’economia. Non c’è fiducia, non c’è ripresa. Gli indicatori parlano chiaro.
E allora cosa deve fare un imprenditore in un periodo come questo? Non avendo supporti, aiuti e condizioni favorevoli che resta da fare?
Fare bene il proprio mestiere, che è appunto fare impresa. Con coraggio e credendoci fino in fondo.
Sembra di essere tornati al boom economico dei primi anni Sessanta, quando prevalevano le idee…
…ma non si faceva sistema. E poi le condizioni di mercato erano completamente diverse. L’Europa era un concetto assai limitato, si pensava soprattutto a sfondare nei propri confini.
Anche adesso, però, non sembriamo granchè presenti su scala mondiale.
Il nostro grande gap è rappresentato dall’internazionalizzazione. Gli altri avanzano, noi restiamo fermi. O quasi.
E’ una fase critica anche per le piccole e medie imprese, quindi?
La solitudine del comparto manifatturiero ha stimolato la deriva di una provincia ferma e ripiegata su se stessa, affidata ai guizzi di poche imprese che si sono inventate il proprio futuro guardando all’estero. E le banche…
Già, le banche…
Il credito è in crisi e di questo ne risentono soprattutto le piccole imprese.
Non le sembra che, spesso e volentieri, anche gli industriali non prendano troppo sul serio la crisi. A Salerno, per esempio, è già partito da tempo il tam tam sul suo successore alla presidenza…
Non mi hanno mai appassionato i personalismi. Ed è per questo che non intendo partecipare al toto presidente per la mia successione. Sono passatempi che lascio ad altri.
Tre anni fa lei è stato l’ultimo presidente eletto direttamente dai soci, tra l’altro con un plebiscito. Ora le regole sono cambiate.
Abbiamo mutuato, così come previsto, quello che prevede lo statuto nazionale. Sarà la nuova giunta ad eleggere il presidente.
E’ comunque tempo di primi bilanci.
Ci siamo posti l’obiettivo di ottimizzare i nostri conti, che mostravano segni di tensione. Abbiamo scelto di scegliere, anche se sarebbe stato forse più comodo scegliere di non scegliere, come spesso si fa in Italia.
Rimpianti?
No, anzi. Basta dare uno sguardo al controllo di gestione di questi anni per comprendere la profondità dell’intervento che stiamo compiendo.
Un modo sicuramente diverso di gestione.
Guardi, forse c’è stato meno tempo e meno capacità di fare salotto che, tra l’altro, non rientra tra le mie migliori capacità. Ma l’Associazione ha saputo affrontare la crisi con dignità e determinazione.
Un lavoro di cui beneficerà il suo successore…
E’ vero. Ma una cosa è certa: fino all’ultimo giorno del mio mandato, previsto nel giugno del 2011, sarò presente, attivo e propositivo per sostenere e assistere i nostri associati.
© riproduzione riservata

pubblicato su “la Città” del 20 giugno 2010

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