Fattore “D”

Le parole di Dario Franceschini su De Luca rompono un fronte. Quello del Pd che storce il naso quando sente il nome del sindaco di Salerno. Troppi gli strappi che si sono consumati in questi mesi tra il primo cittadino ed il partito mai nato, presentatosi alle ultime elezioni comunali con le sue civiche alla faccia dei simboli di partito e delle insegne ufficiali, riposte sulla schiena di Alfonso Andria. Sappiamo come andò. Il progetto politico di De Luca per le Regionali non è molto diverso da quello del 2006.
Lo ha confermato ai suoi fedelissimi riuniti attorno ad un tavolo del Grand Hotel Salerno qualche sera fa. L’obiettivo è la trasversalità, unica arma vincente nell’attuale quadro politico. Le esperienze della Lega prima e di una parte del Pdl adesso sono gli esempi più palesi di quanto il sindaco, in realtà, pratica da tempo. De Luca ha un bacino di pescaggio che va dai portuali agli industriali, dai nobili ai disoccupati, passando per i professionisti e gli insegnanti. Parla alla gente, lo fa a modo suo ma lo fa. E strategicamente sta ancora di più esasperando alcuni concetti base dei suoi programmi elettorali del passato: le grandi opere, i rifiuti, l’utilizzo delle risorse europee. Sono filoni che riguardano tutti e, soprattutto, la Campania intera e non più la sola Salerno. Ecco perché le inaugurazioni di ponti, strade, piazze e rotonde non si sono fermate a San Matteo, come invece ci aveva abituato il sindaco in questi anni. E’ una festa patronale sempre aperta quella a cui invita tutta la regione, non soltanto i fedeli della milza e dei santi in processione su via Roma.
In questo scenario, disegnato come si trattasse di una campagna elettorale senza soluzione di continuità, fa scalpore qualche eccesso che persino i salernitani non riescono a mandar giù. E’ il caso del crescent in piazza della Libertà, indigesto monumento al cemento prima ancora che feticcio da lasciare ai posteri a futura memoria. A mezza bocca i palazzoni sul mare non piacciono a nessuno, anche se nella migliore tradizione di questa città ci si gira dall’altra parte per evitare grane. Scopriremo, tra qualche mese, che in fondo anche guardare le colline è un bel vedere, lasciandosi alle spalle il golfo, nel senso letterale del termine. Ma sono particolari, soprattutto adesso. De Luca ha fatto saltare le regole, barbose e obsolete, dei democratici, finendo per autoproclamarsi leader non tanto del centrosinistra, quanto di una Salerno proiettata verso l’Europa prima ancora che nell’orbita Napolicentrica. E così, suo malgrado, il Pd ha scoperto di non poter fare a meno del sindaco. Mentre il sindaco ha confermato di poter fare (volentieri) a meno del Pd. Non vogliamo esagerare, ma il coro di “sì” registrato in queste ultime ore nei democratici rappresenta più un danno che un vantaggio per De Luca. Almeno nella sua ottica, costruita in questi anni attraverso una incessante azione individuale, stressante per quanti lo circondano ma esaltante per il suo modo di vedere la politica e la cosa pubblica. Rotti gli indugi, ha capito come una discesa in campo potesse garantirgli una vittoria a prescindere dal risultato elettorale. Gli slogan di queste settimane ne sono un esempio: “Modello Salerno”, “Abbiamo tolto gli schiaffi di faccia alla Campania”, “Un’altra regione si può immaginare, basta crederci” e via di questo passo.
De Luca non è il candidato del centrosinistra, bensì il fattore “D” di una equazione strategicamente ineccepibile: Salerno sta alla Campania come De Luca sta al potere. Perché non è detto che per contare qualcosa si debba per forza vincere le elezioni. Lo stesso sindaco, probabilmente, non credeva in una risposta così immediata da parte del Pd, peraltro non espressosi all’unanimità che difficilmente raggiungerà mai. Per ora è costretto ad incassare più lodi che critiche, brutto segno per uno come lui che quasi ci sguazza quando provano a mettergli i bastoni tra le ruote.
Ma siamo solo all’inizio di una sfida che non ha regole, proprio come la politica liquida dei nostri tempi impone. Una cosa però è sicura: Napoli questa volta dovrà fare i conti con Salerno. De Luca da una parte, con alle spalle sedici anni di cantieri, fontane e strade pulite, e Cosentino dall’altra, voluto e consacrato da Cirielli e dagli altri presidenti della Campania che stanno ridisegnando gli equilibri di potere nelle
amministrazioni locali. In questo quadro sembrano restare fuori Bassolino e De Mita. Non rimarranno alla finestra. Statene certi.

pubblicato su “la Città” del 18 ottobre 2009

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