«Il Sud può contare solo se è compatto». Parola di Caldoro

di Angelo Di Marino
«Questo è lo studio in cui Antonio Bassolino lavorava oltre a ricevere gli ospiti. Io invece preferisco usarlo solo per accogliere chi deve parlarmi, per lavorare uso quella stanza…». Sposti lo sguardo verso destra e scopri un ufficio spartano e minimalista, con computer e collegamenti alle agenzie. Più una piccola redazione che lo studio di un politico. Pochi metri quadrati e una scrivania zeppa di appunti, tutti molto ordinati. «Qui c’era la segretaria, ma mi ci trovo bene e lavoro in tranquillità». E’ il rigore e anche la semplicità di gesti come questi che fanno comprendere come Stefano Caldoro porti avanti il  mandato di presidente della Regione. A quasi due anni dalla vittoria elettorale su De Luca, ruolo e peso specifico della sua presidenza sembrano sempre più visibili. E non solo perché è al quarto posto in Italia tra i governatori, secondo i sondaggi di  IPR Marketing-Sole 24ore.
Profondamente socialista, per bene non solo nei modi ma anche nelle idee, poco o niente c’entra con l’immagine del Pdl napoletano, fin troppo caratterizzata dalla figura di Cosentino. Stimato nel mondo universitario come in quello politico, ha trovato casa nel centrodestra ma segue la sua linea, diventata strada maestra negli anni di passaggio dalla prima alla seconda Repubblica: «Craxi? E’ stato uno statista, un alfiere del riformismo italiano ed europeo. Qualcuno ricorda i suoi errori, ma io dico che sono stati di gran lunga maggiori i suoi meriti e sono ancora attuali le sue intuizioni».
In 140 caratteri, come impone Twitter, il suo pensiero sul leader che maggiormente ha segnato la sua formazione politica.
La sua idea di Campania prevede quattro priorità: scuola, digitale, occupazione e trasporti. E quando spiega quello che vorrebbe per la sua regione muove le mani nell’aria, come faceva Steve Jobs presentando le sue visioni tecnologiche. «Guardi che nei prossimi tre anni, la Campania avrà a disposizione quasi 2 miliardi di euro da destinare alla ricerca e all’innovazione: un’occasione da non perdere, forse irripetibile. Si corre però il rischio di una eccessiva frammentazione dei finanziamenti. Da qui l’idea di armonizzare i fondi, fare massa critica e unire più progetti di ricerca messi a bando dal Miur e accorparli per materie funzionali, come per esempio il settore dell’innovazione e delle ricerca nei trasporti, che si integra con il sistema sicurezza, con il controllo ambientale».
E’ chiara la passione. Ma servono soldi altrimenti i bus restano fermi, i pagamenti non arrivano e la Campania soffre…
«La macchina rischia di fermarsi e tutto si blocca, già c’è la crisi e si aggiunge che c’è non regolarità nei pagamenti. La nostra urgenza è la liquidità. Abbiamo ritardi insostenibili nei pagamenti,  in alcuni casi oltre i 2 anni».
E allora?
«Non è possibile pensare a una seconda fase, giusta e necessaria, di rilancio per il Paese, come dice il Governo, senza trovare una soluzione. E’ evidente che il sistema privato ha la sua dinamicità, però gran parte del mondo dell’impresa è legato alle risorse pubbliche».
Per questo sta battendo sul Fondo di garanzia?
«Ho consegnato il progetto al governo. E’ una risposta per tenere unito il Paese, equa, giusta, equilibrata e che può garantire, in questo momento di crisi, una risposta a tutti. Parliamo sempre di coesione del Paese, e allora rendiamolo veramente unito e diamo una mano a chi ne ha bisogno».
Non è che tutti siano d’accordo, però…
«Ci sono risorse bloccate, che non possono essere utilizzate. E’ un delitto che restino ferme. Sono fondi prevalentemente nelle casse delle Regioni più ricche, della parte del Paese che sta meglio, soprattutto al Nord. Realtà che non possono spendere quelle risorse perché si rischia di sforare il Patto di stabilità. Insomma, è come avere un conto in banca, ma non si può spendere perché il tetto di spesa è limitato. Utilizziamo questa cassa disponibile di circa 10 miliardi che nessuno può usare e diamola a chi non ha liquidità per pagare imprese, lavoratori».
C’è chi l’accusa di voler spostare quattrini da un lato all’altro del Paese…
«Non è così. In passato le risorse disponibili per il Mezzogiorno sono state spese al Nord. Non chiediamo che vengano restituite, ma un sistema equo. Nessuno vuole fare debito in più».
Ma dal Nord la criticano lo stesso…
«La critica che qualcuno ha mosso all’inizio è che questo argomento viene usato per spendere di più, ma l’Europa non lo consente. La Campania, essendo la Regione più grande del Sud, deve porsi il problema di fare per prima le proposte, di guidare iniziative innovative che possono trascinare il Sud in un riscatto possibile. Così permettiamo di dare risposte a una terra, il Mezzogiorno, che può crescere più di altre in Europa».
Lei parla di Sud come di un corpo unico, ma è evidente come sia invece dilaniato dai personalismi. Anche da noi gli esempi si sprecano…
«Il Paese cresce solo con il Sud. E’ per questo che dobbiamo essere uniti almeno sui punti fondamentali, quelli che sono cruciali per lo sviluppo e la tenuta dei nostri territori. Poi la politica è un’altra cosa, ognuno ha le sue idee e le sviluppa come meglio crede».
Vorrebbe magari mettere insieme sindaci e presidenti di Province, per inquadrare il problema?
«Buona politica, buona amministrazione e proposte devono diventare elemento di identificazione. Ho già raccolto il sostegno di molti presidenti di Regioni, amministratori locali. Ho fatto una proposta al Governo avendo il consenso delle forze sociali e di gran parte delle Regioni del Sud. Abbiamo fatto la proposta, che è aperta e attendiamo una risposta».
E magari a quel tavolo ci mettiamo anche Salerno…
«Con Cirielli ora c’è dialogo continuo e ottimo rapporto. De Luca è uno che lavora per la sua città, quando ci siamo incontrati c’è stata costruttiva cordialità».
Sarà… Con Napoli, invece, come va?
«De Magistris è intelligente, ci sa fare ed è nata una sana collaborazione istituzionale. Come è giusto che sia se si ragiona insieme».
Le sue parole fanno capire che è necessario stare insieme, fare squadra. Altrimenti il Meridione è perdente ancora una volta.
«Le faccio un esempio: una grande impresa di trasporti, navigazione, ricerca, svolge la sua attività al Nord e al Sud, nella regione più ricca come la Lombardia e in una più povera come la Campania o la Calabria. Questa impresa viene da me, in quanto presidente della Regione, e dice: “Non posso più tenere aperto il cantiere qui perché non ci sono le risorse per garantire i pagamenti della mia impresa, li lascio aperti solo al Nord”. Perché dovremmo creare questa disparità di trattamento? Finirà per chiudere qui per andare dove i pagamenti sono a 150 giorni, mentre qui arrivano anche a mille».
Ma ci sarà chi ascolterà la voce del nostro Sud?
«Il Governo vuole rafforzare l’intesa con le Regioni. Quando ci siamo incontrati, Monti ha sottolineato che ha priorità specifiche, come la scuola, la parte dell’occupazione che è quella più legata alla crisi. Ci sono temi che si sono imposti con maggiore urgenza, ma questo non significa che il Sud e le esigenze delle Regioni siano in secondo piano».
E l’Europa che ne pensa?
«Ho chiesto al commissario europeo per le Politiche regionali Johannes Hahn di avere stabilmente con noi uno dei funzionari della Commissione europea per verificare il nostro lavoro, giorno dopo giorno».
Resta il nodo dei rifiuti che all’Unione europea proprio non riescono a mandare giù…
«Finalmente si è trovato un percorso comune. Si parla lo stesso linguaggio, anche se rimangono in campo ancora grandissimi problemi: ossia affrontare un cronoprogramma stringente in due anni. Abbiamo chiesto al commissario europeo all’ambiente, Janez Potocnik, di avere dalla Commissione europea, con l’accordo del Governo, una struttura di monitoraggio comune».
Basterà?
«Serve una piattaforma di monitoraggio comune per mettere insieme amministrazioni locali, governo ed esperti della Commissione europea per monitorare la tempistica e il cronoprogramma di applicazione del piano».
Lei ha confermato che servono gli impianti, compreso il termovalorizzatore da costruire a Salerno.
«Non possiamo nasconderci dietro un dito. Bisogna recuperare il ritardo di tanti anni di inefficienze, di errori politici amministrativi e di altro. Alcuni impianti hanno tempi di realizzazione tecnici europei bene stabiliti, che vanno dai 24 ai 48 mesi. E’ evidente che la parte impiantistica è più complessa, ma c’è la differenziata e altri progetti da attare da subito».
Già, la differenziata. Fiore all’occhiello di Salerno e di gran parte della sua provincia…
«In Campania siamo al 39 per cento. Stiamo scalando la classifica e siamo tra le prime Regioni d’Italia».
Se i rifiuti sono un problema, il lavoro in Campania resta però un dramma.
«Stiamo provando a mettere in campo investimenti a difesa dell’occupazione, rafforzando il sistema della formazione, dell’innovazione tecnologica, della ricerca. Personalmente mi piace capire cosa si fa, se il prodotto è competitivo, se si difendono i cantieri, l’occupazione, perché le cose concrete ci sono, e quindi è importante creare piattaforme di sistemi che si integrano e producono qualità. I poli teorici ci hanno fatto solo perdere tempo».
Eccolo lì: tutta colpa di Bassolino. La frase più gettonata dal centrodestra. E spesso anche dal centrosinistra…
«No, assolutamente no. Bassolino ha una storia politica, ha lavorato bene da sindaco. La Regione è una macchina molto complessa. E non fai certo tutto da solo. Nel bene e nel male».
A proposito di storie politiche, che aria tira nel Pdl? Siamo alla vigilia dei congressi.
«Il vero problema è quello della rappresentanza, occorre pensare a un partito diverso, leggero, che non sia pesante come lo era nel passato. C’è un sistema che funziona e bene, ed è quello americano nel quale il pluralismo viene garantito, ognuno difende gli interessi territoriali che rappresenta».
Lei però è il massimo esponente del Nuovo Psi, del quale manterrà la tessera.
«La partecipazione, l’adesione a un partito, non può essere vincolata a una tessera. E’ essenziale non omologare, ma avere espressioni plurali. Un partito non può essere un ambito chiuso con le tessere che non devono essere elemento per selezionare la classe dirigente».
Cosa serve, allora?
«Professioni, volontariato, coloro che fanno attività sociali e stanno in campo ogni giorno: sono questi i mondi che dovremmo riuscire a coinvolgere. Spesso avviene quando ci sono elezioni se c’è una forte leadership. Nella fase italiana attuale, però, il quadro è un po’ diverso ecco perché occorre lavorare sulla rappresentanza».
Basterà Alfano?
«Siamo tutti cofondatori del Pdl. Un partito che si può strutturare in maniera moderna. Più difficile che lo si chieda al Pd».
Resta però l’alone della vicenda Cosentino.
«Sono un garantista, quello è il mio spirito, non lo cambio. Il problema comunque in parte si è risolto. Si è dimesso prima da sottosegretario, poi da coordinatore regionale del partito. C’è stato un problema di discussione dell’opportunità se sia stato troppo tardi ma comunque il problema è stato risolto».
Sembra che lei abbia rimosso la storia del dossier e della P3.
«No, anzi. Sono interessato a sapere la verità ma sarei il primo ad essere felice, sinceramente contento, se chi è stato indagato possa dimostrare la propria estraneità. Questo è il mio auspicio ma un dossier diffamatorio c’è stato e io sono interessato a sapere la verità».
Cerca giustizia, allora?
«Non voglio risarcimenti danni, a me interessa la verità».
© riproduzione riservata

pubblicata su “la Città” del 12 febbraio 2012

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