Una squadra per Salerno

di Angelo Di Marino
La crisi e le condizioni di oggettiva difficoltà in cui ci troviamo impongono una riflessione. La settimana che si chiude è la cartina di tornasole della situazione: blocchi dei Tir che hanno messo in ginocchio commercio e agricoltura, la scoperta di un patto mafia-camorra per la gestione del trasporto al Sud, l’irrefrenabile default del Cstp che intende mandare a casa 149 lavoratori, l’inaugurazione tra le polemiche dell’anno giudiziario in un clima conflittuale e di sfiducia. Sono i pezzi dello stesso rompicapo, tessere di un mosaico che nessuno ha seriamente intenzione di ricomporre. E che rappresenta al peggio lo stato dell’arte.
Nei giorni in cui il governo dei tecnici sta dimostrando come riforme, semplificazioni e dolorose manovre siano un dovere al quale la politica si è volontariamente sottratta in questi anni, è necessario che i politici chiamati ad amministrare tengano ben saldo il timone nel tentativo di tirare fuori dal mare in tempesta le proprie esili flotte. Guardiamo al caso di specie: Salerno e la sua provincia rappresentano un’entità sociale che ha bisogno di tutela, protezione e, se possibile, di miglioramenti. In tempi come questi, anche mantenere gli attuali standard rappresenterebbe un buon risultato. Ma potrebbe non bastare, altrimenti si rischierebbe di restare dalla parte sbagliata della barricata che, di fatto, sta dividendo il Nord dal Sud. E per far questo, accorciando le distanze con il resto del Paese che comunque arranca, c’è bisogno di fare sistema. Anzi squadra, visto che i protagonisti sono innanzitutto degli uomini.
Della classe politica contemporanea e del gradimento che riscuote nella gente sappiamo già. Ci possono essere delle eccezioni, però. Tra queste possiamo annoverare il sindaco De Luca, il governatore Caldoro, il presidente Cirielli. Hanno in comune il mandato amministrativo ottenuto col consenso, sia pure in tempi e proporzioni diverse. E, di conseguenza, anche la responsabilità diretta nei confronti di chi li ha scelti. Dal meccanismo delle istituzioni che rappresentano sono “costretti” a dialogare, ma finora i personalismi  (salernitani) hanno di gran lunga superato quelli che, in fondo, restano interessi comuni. Gli esempi si sprecano: dalla metropolitana all’aeroporto, dalla cultura al turismo fino alle Luci d’artista. A Salerno e nella sua provincia c’è un patrimonio che ha un valore reale e spendibile, soprattutto in tempi di magra come questi. Non va ulteriormente dilapidato, immolandolo sull’altare dell’egocentrismo politico che è pratica di corto respiro e dalla scadenza già segnata.
Non sappiamo se Monti rappresenterà il big bang della partitocrazia, di certo dopo nulla sarà come prima. A fare la differenza possono e devono essere gli uomini, i valori, le capacità, i meriti. Certo, bisognerebbe fare definitivamente a meno di designati e passeggeri senza biglietto che, saliti sul tram della politica, non ne vogliono più scendere credendo sia una giostra. Ma atteniamoci ai fatti e guardiamo in casa nostra. Gli eletti (dal popolo) hanno più strumenti a disposizione di quanto si possa credere. Soldi no, tutto il resto sì. E soprattutto possono schierarsi, quasi compatti, in modo da formare un fronte e non più una truppa sparpagliata che sembra battere in ritirata. Perché così ragionano altri amministratori locali, che magari non devono fare i conti con i patti di stabilità e possono godere anche di un’alleanza non scritta ma fattiva come quella che intercorre tra Fassino, Zaia, Pisapia, Cota, Formigoni. Che al momento giusto si compattano, lasciando la guerriglia politica ai momenti di relax.
Certo immaginare Caldoro, De Luca e Cirielli compatti è difficile. Eppure qualcosa si muove, piccoli segnali di intesa ci sono già stati. E’ chiaro che, per il bene comune, ciascuno dovrebbe fare un passo indietro. Ma costituirebbe uno straordinario strumento di rafforzamento anche delle proprie posizioni personali, più salde ed incidenti rispetto alla beata solitudine in cui attualmente si crogiolano.
Magari un anno fa, il solo pensare ad una simile sinergia sarebbe stato esercizio utopistico. Adesso, calati in pieno nella crisi e con le spalle al muro, diventa una strada percorribile. A patto che lo si voglia fare. Prima che la scelta si trasformi in obbligo.

pubblicato su “la Città” del 29 gennaio 2012

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