Regione Salerno ed elezioni: la campagna d’autunno

di Angelo Di Marino
Con la frase “ma sarete capaci di spenderli?” il giovane ministro Fitto, giovedì sera ad Eboli, ha fatto intendere che per la Campania nulla è cambiato. Palla al piede eravamo e palla al piede siamo per il governo. Si parla dei soldi che da Roma dovrebbero arrivare agli enti locali, nell’ambito di quello che Berlusconi ha battezzato “Piano per il Sud” che evoca, almeno nella sua declinazione, quello Marshall del Dopoguerra ma che ancora non ha preso fisionomia.
 E chissà se mai la prenderà. Fitto è un enfant prodige del centrodestra, diventato governatore giovanissimo e ministro subito dopo, passando per le forche caudine di una scelta, quella del candidato da opporre a Nichi Vendola, trasformatasi in Caporetto. E lui, che è stato presidente della Regione Puglia mica del Trentino Alto Adige, ora ci bacchetta. Guardando dritto negli occhi Stefano Caldoro, suo compagno di partito e quasi collega nel ruolo di governatore. Insomma, alla faccia della solidarietà meridionale.
Di Mezzogiorno si sta parlando troppo da qualche settimana a questa parte. Non è un buon segno: significa che le parole sono l’unico strumento che la politica può spendere, nel tentativo di colmare una distanza che ha assunto dimensioni socialmente pericolose. E che alimenta, manco a dirlo, il disagio e la delusione.
Una situazione che apre una breccia nella quale si sta insinuando, senza neanche farne mistero, il leader del centrodestra salernitano Edmondo Cirielli. Al cospetto del presidente Napolitano e davanti a un centinaio di sindaci, l’altra settimana ha rotto gli indugi parlando di “movimenti che rivendicano l’autonomia territoriale in molte realtà della provincia”, finendo per chiedere a Caldoro il “trasferimento di risorse e competenze”.
Da allora, come per incanto, si sono moltiplicate le iniziative nel segno della “Regione Salerno”, mentre decine di consiglieri comunali in ogni dove della nostra provincia fanno salti mortali per inserire negli ordini del giorno la questione.
Si tratta di una strategia che permette innanzitutto un ulteriore radicamento nei territori e, soprattutto, chiama a raccolta chi, distante dall’epicentro, si sente emarginato e meno rappresentato. Una sensazione che diventa amara realtà in tre quarti del nostro territorio, lontani da Salerno e lontanissimi da Napoli.
Sanno bene tutti i protagonisti di questa campagna che una nuova Regione, intesa come entità amministrativa oltre che geografica, non sarà mai una priorità per questo governo come per quelli che seguiranno. Ma la spinta che viene dal basso, assolutamente trasversale, fa sicuramente rumore e rappresenta un serbatoio di voti non certo trascurabile.
L’anno prossimo si vota a Salerno, dove De Luca è a modo suo un altro se non il primo dei paladini dell’autonomia, ma anche in molte altre importanti città, nelle quali il centrodestra locale, cioè Cirielli, ha tutta l’intenzione di piazzare le tende.
E, come fanno i boy scout, per il momento inizia a piazzare i picchetti ben saldi nel terreno. Scegliendo la posizione migliore per avere il vento a favore. E con l’aria che tira di questi tempi non è cosa da poco.
© riproduzione riservata

pubblicato su “la Città” del 26 settembre 2010

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