Liste e candidati tra giudici, sentenze e partiti

deluca-caldorodi Angelo Di Marino
E alla fine daranno tutti ragione a Berlusconi. Giudici, sentenze, condanne, citazioni sono protagoniste anche in Campania, in questa campagna elettorale partita da lontano e che non finirà manco con il voto. Così mentre il premier accomuna i talebani ai magistrati, torna prepotente il concetto di “giustizia ad orologeria”, tanto caro al presidente del Consiglio. Gli esempi delle ultime ore potrebbero rappresentare dei casi da manuale, ma non è così. Siamo davanti al normale corso delle cose, travisato però dalla politica “liquida” della nostra epoca e da un meccanismo mediatico che spesso disinforma il cittadino-elettore, chiamato a decidere la rotta del suo futuro senza avere le giuste coordinate.
La guerra per bande nel Pdl ha raggiunto vette da primato nell’affannosa composizione delle liste. Limitiamoci ad osservare quanto accaduto in Campania, dove si è sventolato un “codice etico” che altro non era se non la foglia di fico per coprire il braccio di ferro tra le correnti in cui è diviso il partito del Cavaliere. A Salerno si è fatto più volte il giro della morte, per poi chiudere il cerchio senza la minima sorpresa. Gambino e Zara dentro, le proposte del territorio (Cirielli) che sopravanzano in peso specifico quelle del ministro Carfagna, restano fuori i nomi di quanti già a Natale intuivano di non rientrare nei piani elettorali.
Per non parlare di Caserta, dove la posta in palio (la Provincia) deve essere talmente alta da far addirittura traballare la volontà del capo, impegnato in prima persona a tessere la tela con Casini. A ballare la quadriglia anche la Lonardo che, pur non potendo mettere piede nella nostra regione, è regolamente candidata. In una lista collegata c’è Roberto Conte, già consigliere e condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Caldoro non lo vuole. Insomma, è passata la linea del “prima i voti e poi i processi”. In tutti i sensi. Azzardando una lettura, la formula del Pdl, che nelle intenzioni di Berlusconi doveva essere il partito del futuro, si è rivelata in questo caso la fotocopia delle antiche fazioni divise dal correntismo. In realtà la fusione tra le anime (An e Forza Italia) resta pia illusione, visto anche il differente codice genetico che portano in dote i due fronti. Ed è per questo che il Cavaliere si è addirittura inventato uno spauracchio, celebrando con la Brambilla la nascita dei “Promotori della libertà”, il cui acronimo guarda caso è Pdl. Il premier ha i suoi colonnelli nel mirino e queste elezioni regionali, così sentite dalla politica nazionale, si trasformeranno nell’ultimo appello per parecchi di loro.
Più tranquilla la facitura delle liste dall’altra parte del fiume, dove la presenza di De Luca ha sparigliato non poco, riducendo all’osso le pretese dei partiti. Ecco perché la quadratura del cerchio è arrivata in tempi rapidi. Ma a perturbare il clima ci ha pensato la Corte dei Conti con una citazione da un milione di euro sfilata alla giunta del
sindaco-candidato per la convenzione con una cooperativa e annunciata ieri a Napoli. Il Comune di Salerno già in passato era finito nel mirino della magistratura economica, circostanza che si ripete alla vigilia della “battaglia della vita”, come la definisce lo stesso De Luca. Non si tratta di accanimento, visto il rigore con cui agisce la Corte, e neanche di condanna. Il quadro dipinto dal procuratore Arturo Martucci di Scarfizzi, che è anche Cancelliere del Gran Priorato dell’Ordine di Malta, non risparmia nessun ente locale della Campania, puntando l’indice soprattutto
nei confronti della Regione e dei Comuni di Napoli e di Salerno. Usando parole come “casta” e “sprechi”, il procuratore riprende più o meno quanto già denunciato nel 2005, 2008 e 2009. Come finirà? Siamo in Italia, si andrà avanti a ricorsi, controricorsi, carte bollate e avvocati. Passerà il tempo. E sarà di nuovo campagna elettorale.
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pubblicato su “la Città” del 28 febbraio 2010

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